Nel lungo assedio che il governo Maduro sta soffrendo, gli ultimi eventi gli hanno davvero portato una boccata di ossigeno. Dopo aver scongiurato il tentativo di golpe del 23 febbraio, bloccando alla frontiera l’ingresso dei cosiddetti aiuti, quelli che secondo Guaidó sarebbero entrati «sì o sì», la rivoluzione bolivariana è uscita di fatto indenne dalla temuta riunione del Gruppo di Lima, in cui l’autoproclamatosi presidente ad interim aveva riposto molte delle sue residue speranze di non perdere la faccia, contando di uscire dallo stallo con un intervento militare.

Pur accusando il presidente di ogni male – addirittura di crimini contro l’umanità – i paesi del gruppo hanno infatti riconosciuto che devono essere gli stessi venezuelani a portare avanti la «transizione democratica»: in maniera pacifica, «nel quadro della Costituzione e del diritto internazionale» e soprattutto «senza l’uso della forza».

L’ultima vittoria diplomatica, sicuramente più scontata, il governo Maduro l’ha ottenuta alla riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, convocata martedì dagli Usa per affrontare, nuovamente, la questione del Venezuela, e terminata esattamente come la precedente sessione del 26 gennaio: gli Stati uniti e i loro alleati da una parte, Russia, Cina e altri paesi, come Sudafrica e Indonesia, dall’altra.

Il dibattito si è concentrato stavolta sugli episodi di violenza alla frontiera nel fine settimana, attribuiti dall’inviato speciale Usa per il Venezuela Elliott Abrams a presunte bande paramilitari controllate dal governo Maduro. Una ricostruzione contestata con forza dal ministro degli Esteri venezuelano Jorge Arreaza, che ha denunciato, al contrario, l’uso del territorio colombiano per aggredire il suo paese, esprimendo indignazione per le informazioni circolate sulla stampa egemonica. E in suo sostegno è accorso l’ambasciatore russo all’Onu Vassily Nebenzia, evidenziando come i video esistenti riconducano gli atti di violenza a «persone provenienti dal territorio colombiano» e ricordando che, «se gli Usa volessero davvero aiutare, lo farebbero attraverso le agenzie umanitarie operanti in Venezuela». La Russia, ha detto, «ha inviato a Caracas la scorsa settimana 7,5 tonnellate di farmaci attraverso l’Oms e non ha incontrato alcun ostacolo».

 

L’ambasciatore russo all’Onu Vassily Nebenzia (Afp)

 

E se alle manipolazioni della stampa il governo ha risposto in tutte le sedi possibili, Maduro ha voluto farlo personalmente anche dinanzi all’Assemblea internazionale dei popoli, che ieri ha concluso i suoi lavori. Maduro ha mostrato i video delle aggressioni sferrate da bande criminali sul versante colombiano e ha ribadito l’impegno del suo governo a portare avanti la «battaglia per l’umanità, per il diritto all’indipendenza, per la pace, per il rispetto della diversità politica, economica e culturale».