Innamorato pazzo della capitale del mezzogiorno dove ha vissuto per anni ed è stato direttore dell’Institut Francais, Jean-Noel Schifano chiamato familiarmente tra cardi e decumani Giuannatà, critico letterario e scrittore, ha dedicato parecchi volumi alla città anfiteatro affacciata sul golfo prima di questo zibaldone di 600 pagine, una guida ragionata alla cultura partenopea, Dizionario appassionato di Napoli. Scritto nel 2007 in francese per Plon e tradotto per i tipi di Il mondo di suk (pp. 608, euro 28) grazie all’energia dell’editrice Donatella Gallone che ha promosso un crowdfunding con l’aiuto di Meridonare e di 140 artisti che hanno donato le loro opere, mentre studenti dell’Università Suor Orsola Benincasa, coordinati da Alvio Patierno, hanno rimesso in italiano i testi (Maria Carolina Siricio e gli allievi del liceo artistico Palizzi hanno illustrato il volume coi loro disegni). Novanta voci da Averno a Zoccola, dalla mitologica soglia degli inferi seguendo letteratura e fantasticherie, personaggi storici e artisti stupefacenti sulla scia di Omero, Virgilio e Dante (senza dimenticare Petronio e Boccaccio, Lamartine e Sartre e via andare) col suo peregrinare tra luoghi e suggestioni, come Lo cunto de li cunti di Basile, un monumento di racconti popolari in lingua madre, uno che ha liberato la risata del genere umano, una parte dell’immaginario che da secoli modella le nostre vite, con Cenerentola e Il gatto con gli stivali, tra gli altri. O l’epopea di Masaniello (del quale aveva già ripercorso gesta e illusioni nella Danza degli Ardenti), pescivendolo capopopolo da dramma shakespeariano contro le gabelle sulla frutta fresca, misterioso simbolo cittadino di una plebe affamata, fiera e in cerca di libertà che rifiuta il potere e al decimo giorno viene tradito dai suoi stessi compagni, mossi dall’aristocrazia spagnola. E il suo fratello di questi tempi, Diego Armando Maradona, con le sembianze di un abitante dei vicoli col suo fisico da rotolo di coppa e i riccioli neri, simbolo dell’Italia della disunità, di un ennesimo riscatto della capitale degradata, riscatto atteso per oltre un secolo.

UNA DELIZIA LETTERARIA e sensuale di questo poligrafo francese, adottato dalla sirena, sulla falsariga di Angioini e Napoleonidi e delle centinaia di parole d’oltralpe «piovute» nella lingua napoletana, voyou-guagliò e chiper-scippo e partager-spartere e sourdeline-surdiglino (fischio), frutto di una secolare relazione tra Parigi e Napoli, le uniche due grandi città europee del Cinquecento, affratellate oggi dalla ritrovata narrazione della capitale del nord e di quella del sud, con un flusso ininterrotto di turisti inebriati dalla luminosità del giallo tufo e dei cupi tagli delle ombre caravaggiesche, delle pigolanti elucubrazioni di Pulcinella e dei vapori fumiganti della lunare Solfatara.
«La prima volta che ho camminato a Napoli – scrive l’autore con padre siciliano e madre lionese – avevo venticinque anni, la mia educazione cartesiana in corpo, e sussultavo a ogni passo… Come una drupa in una tortile colata di miele, non capivo nulla di quel movimento perpetuo, di quelle grida strazianti dei venditori ambulanti, di quelle fauci di carne e metallo che clacsonavano alla vita, di quei mille gesti che valevano mille discorsi… Io che avevo imparato la misura, l’umiltà, la distanza e il silenzio mi trovavo immerso nella dismisura, nell’eccesso, nella comunicazione assolata dei corpi, gli occhi che mi rivendicavano fieramente e fieramente mi domandavano desiderio e piacere…». Le tante voci si rincorrono, le immagini dei romanzi e gli aneddoti sapidi in una sorta di conversazione confidenziale che svela l’anima carnale della città dalle mille stratificazioni, attingendo allo scrigno inesauribile di parole ed emozioni, di storie lette o ascoltate, tutte con una vibrante passione di vivere, inventandosi giorno per giorno un barocco esistenziale napoletano.

PREMUROSO E COLTO, Schifano spoglia lentamente l’amata Napoli presidio di libertà, metropoli contraddittoria antiomologazione, civiltà trimillenaria che ha inglobato gli invasori di qualunque razza e lingua conquistandoli con le sue bellezze, rifiutando l’Inquisizione ed esportando la sua filosofia tollerante sulle ali delle canzoni, dei film e degli spettacoli teatrali, ancora in grado di sorprendere il pubblico delle capitali europee. Ringraziando «quei Napoletani che hanno saputo un tempo, ieri, cogliere il giorno e allungarcelo per condividerne il succo di luce».