Dal nord al sud i parchi naturali sono sotto assedio. Non è certo una novità: nel nostro Paese la tutela dell’ambiente da sempre è oggetto di attacchi strumentali finalizzati ad erodere quel 10% circa di territorio che dovrebbe essere al sicuro. Così capita che il Consiglio regionale della Liguria approvi una legge finalizzata a sopprimere 42 aree protette locali nel savonese, ridurre la perimetrazione dei parchi esistenti e mettere la pietra tombale sull’istituzione del Parco regionale del Finalese.

Davvero un gran bel provvedimento che restituisce a cemento e doppiette una porzione di territorio, impoverendo così il capitale naturale di una regione fragile come la Liguria già colpita dagli effetti del consumo di suolo e del dissesto idrogeologico.
E proprio il consumo di suolo naturale sta caratterizzando il Parco nazionale dei Monti Sibillini post terremoto. Venerdì 12 aprile in un incontro a Castelsantangelo sul Nera è stato illustrato il progetto di un invaso artificiale sul Monte Prata, nel versante marchigiano del Parco. Un progetto presentato quale azione di rilancio dell’economia del territorio dopo i terremoti del 2016, ma che in realtà si manifesta come una strumentalizzazione della ricostruzione.

Privo del suo presidente dal settembre 2018, il Parco appare più debole verso chi propugna questo tipo di infrastrutturazione, inconcepibile con il grado di tutela che un’area protetta è chiamata a garantire. Va da sé che la dispendiosa opera proposta è impattante: gli sbancamenti necessari e l’impermeabilizzazione di un terreno calcareo di natura permeabile comporteranno la distruzione di un’ampia superficie di habitat protetti dall’Ue. Ma è anche inutile, perché il rilancio del settore turistico invernale non può avvenire attraverso impianti d’innevamento artificiale visto che la neve «sparata» si scioglie praticamente subito. Né servirà a contrastare gli incendi: il recente Piano antincendio del Parco evidenzia come la gestione degli incendi boschivi non richieda affatto ulteriori bacini artificiali per interventi dei mezzi aerei, perché la presenza di grandi bacini garantisce già oggi la disponibilità d’acqua necessaria. Così come non servirà agli allevatori le cui esigenze possono essere soddisfatte attraverso una diversa gestione dei pascoli d’altitudine e delle sorgenti, la creazione di nuovi punti di abbeveramento e la manutenzione di quelli esistenti purtroppo lasciati all’incuria. Come già è avvenuto con il centro commerciale di Castelluccio, con la ricostruzione si vogliono far passare progetti che nulla hanno a che fare con il rilancio delle realtà locali per le quali la vera ricostruzione, quella che dovrebbe riguardare le case, le scuole, i negozi, resta al palo. E giusto per non farci mancare niente, facciamo un salto in Abruzzo e nel passato. Esattamente come negli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso, nel Parco Nazionale d’Abruzzo chi lavora per la difesa della legalità e dell’ambiente è oggetto di atti intimidatori: è capitato al responsabile del Servizio tecnico del Parco, Andrea Gennai, a cui è stato fatto trovare un biglietto di insulti e minacce e una testa d’agnello sanguinate sulla recinzione del centro vista del Parco. A lui, come a tutti gli operatori delle aree naturali protette, deve andare la solidarietà e il ringraziamento di quanti hanno a cuore la natura (e il rispetto della legge).