La “notizia” ancora una volta è partita da Miami, dove da anni ormai si diffonde -e soprattutto si spera – l’annuncio della morte di Fidel Castro. Naturalmente, l’annuncio è accompagnato dal solito riferimento a «un clima di tensione» nell’isola, avvertito solo in Florida. Per tutta la mattina di ieri, inoltre, era circolata la notizia di una convocazione della stampa estera al Centro della stampa internazionale (Cpi) all’Avana dedicata proprio all’annuncio della morte di Fidel. Anche in questo caso, è seguita una netta smentita del Cpi.

Non vi è dubbio, però, che da un paio di settimane l’argomento è all’ordine del giorno, sia nelle speculazioni dei mass media internazionali, sia nelle conversazioni private nella capitale. Molti sono gli argomenti citati da coloro che ritengono imminente l’annuncio della morte del lider maximo della Rivoluzione (88 anni). Innanzi tutto, il fatto che Fidel non abbia manifestato alcun commento sulla decisione, annunciata lo scorso 17 dicembre, dai due presidenti, Obama e Raúl Castro, di riannodare le relazioni diplomatiche tra i due paesi, interrotte- per decisione degli Usa- nel 1961. Ancora di più ha fatto rumore il silenzio di Fidel sul ritorno a casa degli ultimi tre dei “cinque eroi”, che erano stati incarcerati negli Stati uniti come “agenti cubani” e condannati a lunghe pene, compreso due ergastoli, per essersi infiltrati nei ranghi degli anticastristi della Florida per impedire attentati contro Cuba. “Volveran” era lo slogan della battaglia lanciata da Fidel per ottenere la loro liberazione e il loro ritorno in patria. Ma non un commento, non una foto di un incontro privato dei cinque con Fidel sono stati diffusi dopo il loro ritorno all’Avana. Lasciando molto perplessi non solo i commentatori stranieri, ma anche analisti e gente comune nell’isola.

Da settimane, poi, gli occhi sono puntati sul cimitero monumentale di Santiago di Cuba, dov’è sepolto , tra gli altri “eroi, “ l’”Apostolo” José Martí: infatti sarebbero in corso – e alcuni ieri affermavano, già conclusi- i lavori per costruire una sorta di mausoleo per lo stesso Fidel. Ha richiamato molto l’attenzione il fatto che il presidente Raúl non abbia partecipato alle celebrazioni per il 56° anniversario della vittoria della rivoluzione, se non una visita, molto esaltata dai due giornali ufficiali con varie foto e reportage, proprio al cimitero di Santiago.

Infine – questo è un argomento che mi ha ripetuto proprio ieri mattina un analista cubano,-è stato notato che il governo non ha inviato alcun dirigente di peso al vertice Celac- Cina a Pechino, né sono state segnalate altre visite importanti all’estero. Tutte speculazioni che si aggiungono a un dato di fatto, ovvero che l’ultima apparizione in pubblico di Fidel data un anno esatto, l’8 gennaio 2014, quando visitò l’atelier di Kcho, un noto artista plastico e vecchio amico del comandante en jefe. Da allora, il più anziano dei fratelli Castro, ha ricevuto solo in privato la visita di illustri ospiti, in tutte le occasioni apparendo assai invecchiato.
Il tema della salute di Fidel è una questione di stato, dunque è un tema che i mass media non trattano se non rispettando le direttive delle autorità, rifiutando qualsiasi speculazione, ma nemmeno dando informazioni certe. Ovviamente, l’argomento è spesso fonte di discussione, per esempio nelle code di anziani che la mattina presto attendono l’uscita dei due quotidiani del partito, Granma e Juventud rebelde, Quando, a dicembre, si commentava l’annuncio della fine del “muro diplomatico” con gli Usa, non è mancato chi ha collegato questa decisione da parte cubana con la morte o un grave deterioramento della salute di Fidel. «Con lui vivo, Raúl non avrebbe compiuto questo passo», era il commento spesso ripreso dalla stampa estera. Si tratta però di un punto di vista fortemente contestato da altri analisti, come il professor Esteban Morales, che sui rapporti Cuba-Usa ha di recente pubblicato un libro.

Proprio ieri, in coincidenza con le speculazioni sullo stato di salute di Fidel, è stato annunciato ufficialmente che gli Stati uniti invieranno a Cuba una delegazione di alto livello per conversazioni, il 21 e 22 gennaio, che riguarderanno la questione dell’emigrazione e soprattutto il processo di normalizzazione dei rapporti tra i due paesi. La delegazione Usa sarà guidata da Roberta Jacobson, ovvero dalla funzionaria incaricata dal Dipartimento di Stato per supervisionare la politica statunitense nei confronti dell’America latina