Da Masolino a Bill Viola, una deposizione che risorge
ANTICIPAZIONI Lo stralcio da un intervento nell'ambito del festival «Kum», alla Mole Antonelliana
ANTICIPAZIONI Lo stralcio da un intervento nell'ambito del festival «Kum», alla Mole Antonelliana
C’è una serie di tre video di Bill Viola intitolata Passions. Passioni come affetti, passioni come rappresentazioni della crocifissione di Cristo, il titolo ha questo doppio registro.
Ogni video mette in scena un dipinto del passato. Ad esempio la Pietà di Masolino da Panicale. Lo mette in scena in senso molto letterale: degli attori riprendono i gesti dei personaggi dell’affresco, una scenografia rievoca più o meno fedelmente il paesaggio.
LA COSA CHE PIÙ COLPISCE è la durata ipnotica del movimento in cui il gesto originale si prolunga. Quell’istante antico, passato, compiuto, risorge nel video in un presente dilatato, un lungo istante sospeso, sempre incipiente, interminabile.
Nella Pietà di Masolino il cadavere di Cristo viene tratto dal sarcofago da Maria e dalla Maddalena, che lo sostengono a fatica tra le loro braccia. La verticale incombente della croce, alle spalle del gruppo, fa avvertire immediatamente l’agonia e la deposizione appena consumatesi. Il corpo di Cristo emerge dal sarcofago, ma a metà. Il trionfo è lontano, i colori del dipinto sono lividi, polverosi. La terra, l’elemento che accoglie i trapassati, domina quasi incontrastata.
Nel video di Bill Viola, Emergence, il sarcofago è diventato un pozzo. Maria e Maddalena recuperano Cristo dalle sue profondità, lo fanno lentamente riemergere insieme a un flusso d’acqua che inizia a sgorgare inarrestabile. L’acqua tracima, si riversa alla base della scena, dove il corpo viene infine deposto. Strana infedeltà iconografica, scena non più di terra ma d’acqua, non solo verticale ma anche orizzontale, ondulatoria, fluida. Questa pietà è una rinascita, forse semplicemente una nascita.
Che cosa si depone in una deposizione? La risposta è, in fondo, semplice. Si depone quello che Jacques Lacan chiamava, nel suo gergo psicoanalitico, il fallo. Si congeda la verticale, il prestigio del significante al quale una vita era crocifissa ma anche affidata. Si abbandona l’idea che la monumentalità di un segno possa custodire l’orizzontalità di una vita, l’erraticità delle sue avventure, l’insignificanza dei suoi momenti.
ALLORA È CHIARO che Bill Viola salta alle conclusioni. Il Cristo che mette in scena non è il Cristo risorto di Piero della Francesca, trionfante, restaurato nella sua verticalità sovrumana. Il Cristo di Bill Viola rinasce dopo che è stato deposto e proprio in quanto è stato deposto. La deposizione dell’emblema verticale è il nuovo corso orizzontale della vita. Per questo il suo corpo è tutt’uno con la corrente che sgorga dal pozzo. Quello di Bill Viola è un Cristo fatto d’acqua.
Che l’oggetto della deposizione non sia altro che il fallo, che la caduta della sua verticale faccia tutt’uno con una resurrezione orizzontale, ondulata, acquorea, è peraltro sapienza antica, sapienza pagana. Non è un caso che se ne ricordi un artista come Bill Viola, che da sempre frequenta l’Italia e la sua pittura, intrisa almeno nella Firenze umanistica e rinascimentale di mitologemi e speculazioni grecizzanti.
Prendiamo un’immagine come la Nascita di Venere di Sandro Botticelli. L’acqua, il mare in questo caso, occupa gran parte della scena, anzi è letteralmente ovunque. Si stenta persino a capire di che cosa sia rinascita, questa Venere che sembra sorgere dalle onde senza passato, senza memoria. Che cosa sarà mai stato deposto? Di quale catastrofe Venere sarebbe la ripetizione, la resurrezione?
Ma a ben vedere, anche il fallo deposto, anche le insegne della verticalità sono ovunque. Proprio per questo si fatica a identificarle nell’insieme della composizione. Come è stato osservato da Georges Didi-Huberman, le piccole onde angolose in cui il mare si solleva ai margini del dipinto, le erbe spezzate che vediamo in primo piano tra gli steli intatti, suggeriscono che una tempesta si dev’essere appena placata.
CHI CONOSCE il mito avverte improvvisamente il rovescio della scena, il passato che vi è stato deposto e che si sta avviando a nuova vita. Venere nasce dalla schiuma del mare, ma la schiuma del mare non è che lo sperma di Urano. Il dio del cielo, il dio della verticale sovrumana è stato evirato dal figlio Crono, e il suo emblema è precipitato in mare come una sacca scucita, disseminando ovunque il suo contenuto. La rosea conchiglia galleggiante da cui sorge Venere non è che la resurrezione del fallo celeste appena deposto. Tutta la scena è l’eco di questa deposizione, la continuazione di quella deposizione.
Viene da pensare che forse anche il Cristo di Bill Viola è donna. Certo la Venere botticelliana è un Cristo pagano e infinitamente profondo. Anche per questo il suo sguardo chiaro non ha nulla di messianico. Si apre all’orizzonte senza vedere nulla, si perde come acqua nell’acqua del mare.
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SCHEDA. La cura e le sue diverse pratiche
La seconda edizione del festival «Kum!», su cura e sue diverse pratiche, si svolgerà ad Ancona da oggi al 21. Massimo Recalcati, direttore scientifico (il coordinamento è di Federico Leoni), ha scelto come tema «Risurrezioni». La Mole Vanvitelliana sarà il palcoscenico per il dialogo non solo di specialisti della clinica – psicoanalisti, psichiatri, medici, pedagogisti – ma anche di filosofi, storici, scrittori e teologi. Si parlerà di gioco d’azzardo, cooking therapy, politiche sanitarie. Quattro le lectio magistralis: l’esperta di diritto processuale Stefania Carnevale; il filosofo Rocco Ronchi; gli psicoanalisti Bernard Toboul e Massimo Recalcati. Fra gli ospiti, Gabriella Caramore, Domenico Starnone; Paolo Giordano, Monica Carestia, Antonio Cerasa. (www.kumfestival.it)
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