È la città delle gru, perché da almeno un quarto di secolo il «partito del mattone» a Padova regna sovrano. Dalle cave ai cementifici, dalle imprese edili ai consulenti di professione, dall’urbanistica «concertata» fino alle agenzie immobiliari: un modello inossidabile.

Di fatto, nulla è cambiato nel business dei cantieri nutriti dalle betoniere che si intrecciano con gli interessi privati e la complicità delle pubbliche amministrazioni. Era così ai tempi di «mamma Dc». Già lo scandalo di Tangentopoli (stadio di calcio e nuovo tribunale) dimostrava il coinvolgimento politico dell’intero «arco costituzionale». Poi con i berluscones o l’Ulivo, nella rapida stagione leghista e perfino all’inizio della nuova stagione del sindaco Sergio Giordani la colata di cemento non si è mai arrestata.
Al declino dell’ormai ex zona industriale corrisponde la logistica che detta legge. Se i vecchi capannoni manifatturieri si svuotano, Interporto non si ferma: è pronta un’operazione da 8 milioni di euro per un edificio di due piani in via Inghilterra.

E la Grande Fabbrica della sanità avrà il suo nuovo hub da 950 posti letto nell’area di Padova Est (indicata dall’ex sindaco leghista) per un costo stimato in circa 600 milioni, la metà del project caldeggiato con il «sistema Mose» all’inizio della procedura.

Va peggio negli ultimi polmoni verdi di Padova. Il parco Iris resta nel mirino di chi vuole costruire, sulla scia della Scuola Inglese e del quartier generale di CL. Basterà la moratoria semestrale del Comune a salvare il verde?
Nella zona del Basso Isonzo (un centinaio di ettari vicino al fiume Bacchiglione) paradossalmente è la mano pubblica a governare lo spezzatino del parco. Altavilla Ira, storico ente comunale di assistenza agli anziani, sta avviando la trattativa privata per la cessione di 36 mila metri quadri in cui si possono realizzare 70 appartamenti…

Ed è ormai in pericolo il Parco regionale dei Colli Euganei, istituito nel 1989 a tutela del territorio di 15 Comuni che dalla zona termale si spingono fino al Monte Venda. Sulla carta, patrimonio naturale e beni storici salvaguardati. Tuttavia lo scenario è inquietante.

A Monselice, la vecchia delibera del 2004 spalanca le porte a insediamenti produttivi per oltre 133 mila metri quadri e comporterà un devastante traffico di mezzi pesanti.

Poi si è acceso il semaforo verde per 12 chilometri di terza corsia nell’autostrada Padova-Bologna. Operazione da 170 milioni di euro che dilaterà il nastro d’asfalto fino a 32,5 metri proprio nel tratto limitrofo al parco regionale.

Infine, il mega-centro commerciale di Due Carrare: 32 mila metri quadri di superficie, con negozi su due piani per oltre 60 mila metri quadri. Formalmente, progettato in Spagna. Tuttavia con un «cervello operativo» locale capace di far lobby.

Rientrando in città, fin dal 2010 Sandro Ginestri e Lucio Passi hanno documentato la speculazione edilizia favorita dall’urbanistica bipartisan. «Due milioni e duecentomila mc di nuova edificabilità che si sommano alla capacità insediativa residua del Prg stimata in altri un milione e quattrocentomila mc. Insomma verde a spezzatino e tanto cemento in più, quando a Padova non ci sono previsioni insediative che giustifichino questa espansione edilizia. Bastava e avanzava quella residua del Prg» scrivevano nel dossier “Il danno”.
La densità abnorme del consumo di suolo si traduce nella «bolla immobiliare» che Sergio Lironi di Legambiente ha contabilizzato così: 7.636 alloggi vuoti disponibili a Padova e 23.170 abitazioni sul mercato nell’intera provincia, di cui oltre 16 mila concentrati nella cintura urbana.