L’approvazione parlamentare di ieri della mozione del governo turco per l’invio di forze militari in Libia a sostegno del Governo di accordo nazionale (Gna) di Tripoli ha scatenato reazioni negative nella comunità internazionale.

Furioso l’Egitto che con il suo ministro degli esteri Shukry parla di «una palese violazione delle risoluzioni delle Nazioni unite sulla Libia». Shukry ha poi ribadito la netta contrarietà del Cairo ai due memorandum d’intesa (marittimo e di sicurezza) firmati dal premier del Gna Sarraj e dal presidente Erdogan lo scorso 27 novembre.

Con l’invio di militari turchi, fanno sapere dalla capitale egiziana, è a rischio l’intera sicurezza dei paesi arabi. L’Egitto, precisa la nota del ministro, invita la comunità internazionale «ad assumersi immediatamente la sua responsabilità e a respingere questo sviluppo che fa presagire un’escalation regionale che avrà un impatto negativo sugli sforzi volti a raggiungere un accordo globale alla conferenza internazionale di Berlino».

Dura presa di posizione contro il voto di Ankara è anche quella dell’Algeria. Ricordando la ferma posizione di Algeri in favore della «non interferenza» negli affari interni di paesi terzi, ieri il ministro degli esteri algerino Boukadoum ha definito «inaccettabile» qualsiasi forza straniera in Libia, aggiungendo che il suo paese «intraprenderà nei prossimi giorni molte iniziative volte a trovare una soluzione pacifica alla crisi libica tra soli fratelli libici».

Una posizione condivisa dalla Lega araba che, riunita lo scorso martedì al Cairo, ha approvato una risoluzione che sottolinea «la necessità di impedire l’intromissione straniera che potrebbe facilitare l’arrivo in Libia di estremisti provenienti dall’estero».

Contro i memorandum Tripoli-Ankara – alla base del voto turco di oggi – era stato chiaro lunedì anche l’inviato Onu in Libia Ghassan Salamè secondo cui le due intese rappresentano una «escalation» della guerra civile libica.

Contrarietà è stata espressa dall’Unione europea che con Peter Stano, portavoce dell’Alto commissario per la politica estera Josep Borrell, torna a ripetere che «non esiste una soluzione militare per il conflitto in Libia» e che l’Ue «ribadisce alle parti interessate il suo appello a cessare tutte le azioni militari e a riprendere il dialogo politico, ricordando a tutti i membri della comunità internazionale l’obbligo di osservare e rispettare l’embargo sulle armi delle Nazioni unite».

In Italia la vice ministra degli esteri Marina Sereni fa sapere che la missione Ue a guida italiana diventa ora «sempre più importante per chiedere a tutti gli attori di rispettare l’embargo Onu, far tacere le armi e ridare voce alla politica».

Di «pace e stabilità» aveva parlato ieri mattina l’ambasciatore degli Stati uniti in Libia, Richard Norland, mentre in una telefonata con Erdogan il presidente Trump «ha sottolineato come l’interferenza straniera complichi la situazione libica», fa sapere la Casa bianca.

Al momento della chiusura del giornale, non aveva ancora commentato il voto turco il governo russo. Prevedibile però la sua condanna: Mosca sostiene il generale Haftar (nemico del Gna) e ha già espresso la sua opposizione ai memorandum d’intesa tra Tripoli-Ankara.

Due giorni fa il ministro degli esteri russo Lavrov era stato categorico nel bollare come «pessima opinione» l’idea del premier italiano Conte di dichiarare una no fly zone nel paese nordafricano. «La Nato – aveva spiegato – ha iniziato a bombardare la Libia dopo che il Consiglio di sicurezza Onu ha preso una decisione simile».

«Penso che un’opzione migliore – aveva aggiunto – sarebbe quella che vede tutti gli attori globali, senza eccezioni, lavorare per convincere le parti in guerra in Libia verso un obiettivo principale: fine immediata delle ostilità, cessate il fuoco indefinito e colloqui intra-libici».