Era un eroe in carne e ossa, era i piedi e le mani del popolo. El Diego se n’è andato ieri, ha smesso di respirare dopo sessant’anni di gioie, splendori e miserie umane. Era arte e sostanza ed è un sostantivo quello che meglio racconta le avventure del più grande personaggio della storia del pallone, perché Diego Armando Maradona è e resta «popolo».

Non fu mai popolare e nemmeno populista fino in fondo. Quando smise di parlare con un pallone, quando non aveva più la forza di correre, scelse di salire su un palco con i suoi amici Fidel Castro, Hugo Chavez e Nicolas Maduro. Erano loro l’alleanza per il «terzo mondo», erano bandiere in piazza con il volto del Che e un mare infinito di gente che ascoltava le poche parole scandite da questo calciatore che aveva vinto un Mondiale e due scudetti a Napoli, che aveva regalato a se stesso e alla sua allegra armata lacrime di gioia e di tristezza, più o meno in eguale misura.

EL DIEGO È STATO UN EROE, non un supereroe perché quelli sono nei fumetti, non nella vita vera. Maradona è stato raggi di sole, fango, camice sbagliate come qualche amicizia, polvere e auto sgangherate. Quelle del parcheggio di Acerra sono le fuoriserie delle sua vita.

E il riscaldamento con i compagni del Napoli, in mezzo a quelle macchine, è probabilmente una delle immagini che meglio raccontano la sua lunga corsa verso il popolo. Maradona stava in una periferia degradata semplicemente perché lo aveva promesso e i suoi compagni lo seguirono anche se la società del presidente Corrado Ferlaino non aveva concesso nessuno permesso.

El Diego, il popolo, alla faccia della popolarità che non gli era mai interessata. Prima di lui, forse, solo due calciatori abbracciarono il mondo allo stesso modo, Valentino Mazzola e Gigi Meroni. Dopo un altro argentino ne seguì le orme, Carlos Tevez, con meno eccessi, ma sprigionando la stessa empatia nei confronti di chi aveva deciso di seguirlo.

Maradona, certo, era (anche) vizi, non furbizie. Per questo oggi, anche nel giorno della sua morte, qualcuno vuole prendere le distanze. L’ipocrisia è una pandemia che non troverà mai un vaccino e se anche arrivasse pochi avrebbero il coraggio di vaccinarsi.

UN ALTRO CAMPIONE ha rappresentano qualcosa di unico nella storia del calcio e paradossalmente è l’unico che può essere affiancato a Maradona. Era olandese, si chiamava Johan Cruijff, era cresciuto calciando il pallone sui ciottoli di Amsterdam, dove era vietato cadere. Per questo Cruijff danzava con il pallone lontano dagli avversari. Il suo era il calcio del distanziamento sociale. Maradona no, si buttava nella mischia, anche con una palla tra i piedi. Maradona e Cruijff, due eroi, un ossimoro, per la poesia del calcio, come per i versi di Eugenio Montale.

Maradona era destino, non caso. Il più bel gol della storia del calcio è suo, lo segnò il 22 giugno 1986, sfidando con l’Argentina l’Inghilterra. Quattro anni prima aveva battuto il suo Paese nella guerra per le Isole Falkland. E lo stesso giorno segnò anche un gol di mano, quando l’hombre del pueblo divenne la Mano de Dios.

COSE DELL’ALTRO MONDO, dentro un Mondiale che lui vinse e anche questo sembra un appunto preso dal destino. Maradona alla fine non partecipò al Mondiale in Argentina, quella fu una vittoria dei generali che volevano nascondere con una Coppa del Mondo dittatura, orrore e morte. El Diego vinse quattro anni dopo la sconfitta delle Falkland e anche quello fu un tributo al suo popolo e a tutti gli sconfitti.

Destino, non caso. Era nato povero ed era diventato un povero ricco, ma per fortuna qualche volta anche i poveri diventano Dio.

Maradona vinse due scudetti in Italia, a Napoli, non in un’altra città, in un altro mondo. Lo presentarono allo stadio San Paolo il 5 luglio 1984, poco più di tre settimane prima se n’era andato Enrico Berlinguer, eroe e mani di un altro grande popolo.

Destino, ancora, se Maradona venne cancellato dal Mondiale del 1994, negli Stati uniti, per colpa di quel vizio chiamato cocaina che è la parte più triste della sua meravigliosa avventura. Gettato via dagli Usa, ma in fondo anche questo non deve sorprendere. Gli Stati uniti e il loro calcio chiamato soccer avevano da sempre scelto un altro eroe, decisamente più patinato ed elitario, tale Pelè.
Maradona nasceva dal fango e tornerà cenere, è morto in questo tempo malato e mascherato, se l’è portato via una «crisi respiratoria» come succede con quel maledetto virus che sta uccidendo milioni di persone, un intero popolo innocente. Se n’è andato lo stesso giorno del suo amico Fidel, morto il 25 novembre di quattro anni fa.

El Diego era nato dal fango e tornerà cenere, ma in mezzo ha fatto divertire un intero popolo. Con i piedi, le mani e il cuore.