Riecco Luigi Di Maio. Il Movimento 5 Stelle rischia di sfuggirgli di mano, stretto tra la leadership incombente di Giuseppe Conte e il nuovo protagonismo di Beppe Grillo, e l’ex capo politico agisce dalla sua postazione alla Farnesina per garantirsi uno spazio di agibilità.

Ieri ha parlato con il quotidiano spagnolo El Pais nella quale pur esprimendo «stima e fiducia» per il nuovo segretario del Partito democratico Enrico Letta, ribadisce l’antica diffidenza dei vertici grillini del M5S per lo Ius Soli. Il ministro degli esteri dovrebbe sapere che l’Italia è uno dei paesi europei in cui ci si impiega più tempo ad ottenere la cittadinanza, eppure sostiene che la questione dello Ius Soli va rimandata al consesso dell’Unione europea. Cioè ripropone la formula che il M5S aveva escogitato negli anni scorsi per sciogliere gli scontri interni sul tema e gettare la palla in tribuna. «Non sono contrario – dice Di Maio – non voglio andare contro la proposta di Enrico Letta ma l’Unione europea sta progettando un patto per l’immigrazione e l’asilo, quindi quando parliamo di cittadinanza a mio avviso dobbiamo coordinarci a livello europeo». Dopo aver garantito l’approdo «liberale e moderato» del M5S, Di Maio sposa ne rivendica l’identità ecologista. «Per anni si è tentato di classificare il M5S – spiega – Oggi si propone come la prima forza ecologista in Italia con persone di origini differenti. E la sintesi sono l’inclusione sociale, la transizione ecologica e la giustizia sociale».

Ieri altri deputati hanno presentato il loro ricorso al consiglio di giurisdizione della camera, sostenendo che il principio della libertà di coscienza impedisce che possano essere espulsi per il voto contro il governo Draghi. E altri tre parlamentari hanno annunciato il passaggio a Fratelli d’Italia. Di Maio, in linea con l’atteggiamento assunto negli ultimi mesi, quello del leader deciso a sfrondare i 5 Stelle a colpi di espulsioni pur di non avere problemi su collocazione internazionale e scelte di governo, dice che considera i dissidenti che non hanno votato la fiducia al governo Draghi alla stregua di anti-europeisti che non hanno colto il senso dell’evoluzione del M5S che lui ha «cercato di creare» e che Conte è destinato a portare a termine. «Erano ancora legati all’idea dell’Italexit – dice parlando dei fuoriusciti – Conte rafforzerà il prestigio del M5S e completerà il suo processo di evoluzione, dando solidità alla collocazione atlantica e ai valori europeisti».

Di Maio è l’unico ad aver preso parte a tutti e tre i governi sorretti da diverse maggioranze di questa legislatura. In virtù di questo traguardo personale, gigioneggia e si presenta come uomo di relazioni e di sintesi tra diverse forze politiche. «Se ho un legame con Franceschini e Giorgetti? – si domanda – Abbiamo collaborato nei governi passati ed è normale che si creino legami. Fare differenziazioni tra politici e tecnici non ha senso, perché gli uni hanno bisogno degli altri. Lavoriamo insieme. I governi che scadono come il latte non funzionano. Non ci può essere altro orizzonte che la fine della legislatura. Abbiamo tappe molto marcate: il Piano di resilienza e rilancio ad aprile, la campagna vaccinale entro fine anno e, in mezzo a tutto questo, riforme importanti». E tuttavia sostiene che non è normale che si avvicendino tanti esecutivi: «Il modello istituzionale non funziona – spiega – Nella prossima legislatura bisognerà aprire una riflessione sulla struttura istituzionale». Poi lancia un messaggio a Letta e al Pd: «L’alleanza tra sarà rafforzata. Ma non deve essere solo elettorale, è necessario guardare ad orizzonti lontani per crescere insieme».