Cochabamba, in Bolivia, ha ospitato il II Vertice dei popoli sul cambiamento climatico. Dieci punti hanno articolato le proposte che i movimenti intendono portare alla Cop 21, la Conferenza delle Nazioni unite sul tema, che si svolgerà a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre. Il presidente boliviano Evo Morales le ha consegnate al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon durante la cerimonia di chiusura, nella giornata mondiale dei popoli indigeni. Il documento ha portato a sintesi il lavoro di 12 tavoli di lavoro a cui hanno partecipato delegati dei cinque continenti. Al centro, la richiesta di giustizia ambientale, che verrà sollevata a Parigi dai presidenti socialisti dell’America latina presenti al vertice dei popoli: il cambiamento climatico – hanno ribadito tutti – è una conseguenza del capitalismo, e le grandi potenze devono assumersi le proprie responsabilità.
«I grandi inquinatori – ha detto il presidente ecuadoriano Rafael Correa – devono riconoscere il danno provocato ai nostri paesi, perché venga quantificato e i paesi ricchi paghino il debito ecologico contratto: bisogna evitare che aumenti perché altrimenti saremo tutti poveri. Tutti – ha aggiunto Correa – siamo responsabili e dobbiamo proteggere il pianeta, ma ci sono persone più responsabili per la contaminazione del suolo». Le multinazionali che inquinano, devono pagare: «Immaginate cosa succederebbe – ha detto ancora Correa – se i grandi inquinatori fossero Bolivia, Ecuador, Venezuela e gli Usa possedessero l’Amazzonia: da tempo ci avrebbero invaso. Invece, se una multinazionale distrugge la natura non va in carcere. Si tratta di un problema politico. Gli Stati uniti devono firmare il protocollo di Kyoto».

Al primo punto, il documento di Cochabamba pone la necessità di adottare un nuovo modello globale di civiltà: senza consumismo, corsa alla guerra, mercantilismo e capitalismo, ma proiettato verso la costruzione e il consolidamento di un ordine mondiale basato sul «buen vivir». Invece di destinare risorse alla macchina militare – chiedono i movimenti – «invece di sprecare soldi nelle guerre, ce li diano per proteggere l’ambiente». E per questo, centrale è la difesa dei beni comuni e la costituzione di un Tribunale internazionale sulla giustizia climatica e la Madre terra. Un progettoche mira a «decolonizzare» le risorse naturali e le visioni che considerano i popoli del sud come «guardiaboschi» dei paesi del nord.

«No all’aumento del debito estero, no all’impunità dei ricchi e delle multinazionali – ha detto il ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodriguez, e ha accusato i paesi capitalisti che «impongono livelli di produzione e consumo insostenibili». Dello stesso tenore l’intervento della delegazione cilena, che ha denunciato «il riformismo che continua a legittimare il capitalismo». Al Vertice dei popoli è arrivato anche il messaggio dell’ex presidente uruguayano Pepe Mujica che ha invitato a voltare pagina e a ispirarsi al modo in cui i popoli indigeni proteggono la terra per preservare la vita delle prossime generazioni.

«Solo con la coscienza dei popoli sarà possibile salvare il pianeta», ha detto il presidente venezuelano Nicolas Maduro – e si è impegnato a garantire che la Cop21 sia «il vertice dei popoli organizzati». Il suo omologo boliviano ha affermato: «Il pianeta ha un limite di sopportazione, e lo stiamo raggiungendo. Ogni tre minuti muoiono 10 persone a causa delle malattie legate alla contaminazione dell’acqua. E con l’aumento della temperatura della terra di due gradi centigradi, moriranno 10 persone al minuto».

Ma quanto peserà la voce dei movimenti e delle assoziazioni alla Cop21? «Non possiamo illuderciche il nostro discorso di merito trovi soluzione al vertice di Parigi», ha detto il sindaco di Bogotà, Gustavo Petro, delegato per la Colombia. E ha aggiunto: «Abbiamo proprio bisogno del discorso politicamente corretto dell’Onu? Meglio sarebbe convocare a Parigi le moltitudini dell’Europa, dell’Africa, dell’Asia e rilanciare una nuova comune come quella di Parigi in cui è nata la parola socialismo. Oggi è cominciata una nuova era e a Parigi può esserci una nuova opportunità».