Dopo aver chiuso gli occhi per anni su quanto accadeva nell’Egeo, adesso Bruxelles si sveglia e si accorge che anche quelle greche sono frontiere europee. E si muove per blindarle, stanziando 700 milioni di euro alla Grecia in aiuti umanitari ma anche annunciando l’invio di navi, aerei ed elicotteri insieme a 100 guardie di frontiera da schierare lungo i confini terrestri e marittimi del Paese.

Tutto pur di evitare una nuova emergenza migranti come quella del 2015, se non più grave. Sì perché la solidarietà europea, manifestata ieri dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, non arriva fino a prendere in considerazione la possibilità di accogliere almeno una parte delle migliaia di disperati che da cinque giorni se ne stanno col naso appiccicato alla frontiera turca sognando l’Europa. Merce di scambio per il presidente turco Erdogan, che non si fa scrupolo di utilizzare uomini, donne bambini per i suoi interessi, ma che non sembrano interessare più di tanto neanche da questa parte del mare. «Siamo qui per dare un messaggio di solidarietà e supporto alla Grecia, ma anche per esprimere compassione per i migranti che sono stati attratti con false speranze in questa situazione» ha chiarito von der Leyen parlando da Orestiada, città non distante dal confine greco con la Turchia, dove si trovava con il presidente dell’Europarlamento David Sassoli e il presidente del Consiglio Ue Charles Michel su invito del premier Mitsotakis. E nuove misure sono attese dal vertice dei ministri dell’Interno Ue che comincerà oggi pomeriggio a Bruxelles. Unica nota positiva, al momento, la richiesta avanzata ieri da alcuni europarlamentari del Pd alla ministra Luciana Lamorgese per la creazione di corridoi umanitari dalle isole greche per trasferire in Europa almeno donne e bambini.

Una proposta che troverebbe d’accordo la ministra, tanto più che il Viminale ha già organizzato trasferimenti dalla Libia e della stessa Lesbo in collaborazione con la Conferenza episcopale. «Come al solito bisognerà prima sentire cosa pensano gli altri Stati», mettono però le mani avanti al ministero.

E’ un vero e proprio esercito quello che l’Unione europea si prepara a schierare nell’Egeo e lungo i confini terrestri della Grecia. L’agenzia delle frontiere Frontex sta predisponendo una squadra di pronto intervento composta da un incrociatore, sei pattugliatori, due elicotteri, un aereo, tre veicoli dotati di termovisori da impiegare sia nel mare Egeo che lungo il fiume Evros che separa la Grecia dalla Turchia e dove è ammassata la maggior parte dei migranti. Inoltre 100 guardia di frontiera andranno ad aggiungersi alle 530 già presenti. Dei 700 milioni di euro promessi, invece, 350 sono disponibili subito mentre il resto verrà destinato con un emendamento al bilancio Ue. Infine è stato deciso l’invio ad Atene di medici, tendoni e materiale sanitario per fronteggiare l’emergenza nelle isole dell’Egeo dove al momento vivono ammassati circa 40 mila migranti.

Nel frattempo ci si muove nella speranza di trovare a un soluzione. Ieri il rappresentante della diplomazia Ue Josep Borrell si è recato ad Ankara, dove si fermerà anche oggi insieme al commissario per la gestione delle crisi Janez Lenarcic. Scopo della missione è quello di avere colloqui con esponenti del governo turco sull’emergenza in corso a Idlib, sulle conseguenze per la popolazione e sulla situazione dei profughi in Siria. Con la speranza di convincere Erdogan a rispettare l’accordo siglato nel 2016 con l’Ue per bloccare le partenze, magari in cambio di nuovi e cospicui stanziamenti. Accordo che adesso Berlino vorrebbe «stabilizzare». «Da mesi dico che in Turchia qualcosa non funziona, e invece i soldi investiti lì sono bene investiti» ha detto ieri il ministro dell’Interno Horst Seehofer, per il quale la Turchia ha assunto «un compito importante» nel contenere il flusso di milioni di profughi.

Una linea che in Europa sembrano condividere in molti. Dalla repubblica Ceca che ieri ha offerto assistenza sanitaria e finanziamenti ad Atene insieme all’invio di poliziotti al confine con la Turchia, alla presidenza di turno croata che, per non essere da meno, si è detta pronta a schierare l’esercito alle frontiere.