Ha raccolto promesse di finanziamenti e di rifornimenti di armi durante il suo recente tour in terra americana Ahmed al Jarba, leader delle Coalizione nazionale (Cn), il principale raggruppamento dell’opposizione siriana. Jarba, ieri in Qatar (il più generoso tra gli sponsor dei ribelli armati), in questi ultimi giorni non ha mancato di rilasciare le dichiarazioni che i suoi interlocutori volevano ascoltare: nascerà una Siria democratica, nessuno spazio agli estremismi, diritti per tutti. Ha pure promesso la costituzione di un governo “alternativo” a quello di Damasco entro la fine di agosto e si è detto pronto a negoziare con rappresentanti del presidente Bashar Assad quando si terrà la conferenza “Ginevra 2” sulla Siria (alla quale però egli stesso afferma non credere). Ma di quale Siria parla Jarba?

Sul terreno le indicazioni sono ben altre rispetto a quelle che il leader dell’opposizione riferisce ai suoi sponsor internazionali e regionali. L’Esercito governativo mantiene l’iniziativa e dopo la riconquista (con l’aiuto dei combattenti libanesi di Hezbollah) di Qusayr a inizio giugno è ora sul punto di riprendere tutta Homs, la terza città della Siria, e sembra tenere sotto controllo gli attacchi dei ribelli nei sobborghi di Damasco. Le truppe agli ordini di Assad perciò stanno consolidando il controllo del centro-sud del Paese permettendo al presidente di andare alla (possibile) conferenza di Ginevra 2 in condizioni politico-diplomatiche migliori, almeno rispetto a un anno fa. Oltre a garantire la possibile costituzione di quello Stato alawita (ma anche per cristiani) al quale, secondo gli analisti, Assad potrebbe dare vita a Latakiya e lungo la costa mediterranea se le cose dovessero mettersi male. Peraltro l’esecutivo della Cn  non pare destinato ad “amministrare” anche il nord-est della Siria dove la sua ipotetica gestione si scontra con i progetti delle due forze – militarmente superiori al fragile Esercito libero siriano (Els) punto di riferimento degli Usa e dei governi europei – che da giorni si combattono con ferocia per dare vita a due entità territoriali diverse: i curdi decisi a rendersi autonomi (da Damasco e dalla Cn) e i qaedisti di Jabhat al-Nusra, Stato Islamico in Iraq e Siria (Siis) e sigle simili, pronti a proclamare la nascita di un emirato. Una battaglia che ha per premio ambito il controllo dei giacimenti di petrolio.

La guerra per i principali campi petroliferi di Rmeilan e Suwaidiyah (150 mila barili al giorno) non conosce soste. Dopo aver fallito la presa di Ras al-Ain, i qaedisti martedì hanno assassinato nei pressi di Qamishli (Hasakeh), Issa Hisso, un alto comandante curdo dei Comitati di Difesa Popolare del Pyd, il partito alleato del Pkk di Abdallah Ocalan. Pronta la reazione delle milizie curde che hanno chiamato alla mobilitazione generale contro Nusra e Siis. In quelle regioni la Cn non ha alcuna voce in capitolo e può contare solo sull’alleaza con clan arabi locali. I combattenti del Pyd da parte loro rafforzano il controllo dei giacimenti di Rmeilan e qualche giorno fa hanno respinto un attacco di circa 500 miliziani di Jabhat al-Nusra. Damasco lascia fare, perchè questo scontro di riflesso indebolisce proprio la Cn e l’Els, che resteano fuori dai giochi. Non a caso l’aviazione siriana è intervenuta bombardando  postazioni islamiste, in particolare il 29 luglio a Tel Abyad. A nulla è servito peraltro l’intervento armato del potente clan arabo Shummar a sostegno dei qaedisti. I guerriglieri curdi si confermano superiori – pare anche grazie a rifornimenti di armi che arrivano dal Pkk e all’appoggio popolare diffuso di cui godono – e hanno respinto altre formazioni arabe islamiste come Ahrar al-Sham, Ahrar Ghoweiran, le Brigate dei Siriani Liberi e la Brigata Umma. Per rappresaglia i qaedisti hanno dato fuoco, prima di abbandonarli, ai pozzi di Ward e Tym.

Dovessero conservare il controllo dei giacimenti, i curdi potrebbero rilanciare l’intesa non scritta che per un periodo ha permesso a Damasco di garantirsi il flusso del petrolio verso il centro della Siria, prima che le formazioni islamiste sabotassero gli oleodotti. Ben diverso è il disegno del Jabhat al-Nusra e del Siis che sul quel petrolio puntano per garantirsi la sostenibilità delle loro “amministrazioni”, a cominciare da Raqqa. Gli islamisti stanno ora difendendo strenuamente Tel Abyad, l’ultima via attraverso la quale possono esportare il petrolio dai campi di Deir el-Zour, passando per Raqqa e infine verso il mercato turco con i convogli di camion cisterna. Fa perciò sorridere che l’Ue abbia concesso alla Cn e all’Els il diritto di esportare il petrolio estratto dai pozzi do Rmeilan e Deir el-Zour sul quale non hanno mai avuto alcun controllo. Secondo il quotidiano libanese al Safir, l’Europa starebbe facendo pressioni sul Pyd affinchè lasci i giacimenti al “governo alternativo” della Cn.