Eni sembra avere il mondo della scuola tra le proprie mire espansionistiche. Il Ministero dell’Istruzione deve affrontare continue crisi, non ultima quella dovuta alla pandemia, e soffre di un sottofinanziamento con cui professori e studenti si devono misurare. In questo quadro qualsiasi finanziamento, diretto o indiretto, è il benvenuto. Ed Eni, oggi pubblica solo al 30%, ci si è tuffata. A Gela ad esempio, sesto comune in Sicilia per popolazione, il mondo dell’istruzione, dall’alternanza scuola-lavoro alla formazione dei docenti, in alcuni casi viene sostenuto dai contributi del colosso energetico.

IN SICILIA LA POVERTA’ EDUCATIVA è un problema complesso, certificato dallo stesso assessorato Regionale all’Istruzione e alla Formazione Professionale. Nell’isola, infatti, «le scuole con studenti in ritardo sui livelli di apprendimento di base sono più numerose di quelle che raggiungono livelli soddisfacenti in italiano, matematica e inglese», come ha dichiarato lo scorso gennaio l’assessore all’Istruzione Roberto Lagalla, commentando gli ultimi dati Invalsi. «Su 520 scuole monitorate, il 42,2% è definito in difficoltà; l’11,3% in forte difficoltà. La dispersione scolastica è un problema molto sentito in alcune province». L’intervento statale va spesso a rilento, e a intervalli regolari vengono annunciati nuovi piani di aiuto. A febbraio il ministro dell’Istruzione ha annunciato «un piano di intervento per la riduzione dei divari territoriali in istruzione», a partire dalla Sicilia.

IN QUESTO QUADRO SI E’INNESTATA ENI. Proprietaria di un famoso polo petrolchimico a Gela, l’azienda è stata a più riprese sotto accusa per la gestione dell’impianto. Nel 2014, dopo anni di indagine sulla bonifica del territorio, si è arrivati a un protocollo d’intesa tra Eni, Regione Siciliana e il Comune di Gela per la riconversione del polo. La città, già storicamente «dominata» quasi in ogni aspetto dalla presenza della multinazionale, ha iniziato a vivere una nuova fase della propria storia.

IL CASO GELA E’ ESEMPLARE. L’azione del colosso dell’Oil&Gas sul diritto allo studio si articola in tre direzioni, come descritto nel Rapporto locale di sostenibilità Eni a Gela, pubblicato nel 2018 (pp. 33-38): l’intervento in favore della riduzione dell’abbandono scolastico, l’offerta di programmi di alternanza scuola-lavoro, e quella di possibilità di studio successive al titolo di istruzione media superiore. Di queste attività si trova traccia nei rapporti locali di Eni e nei documenti riassuntivi delle scuole coinvolte nei programmi del Cane a Sei Zampe. Come previsto dal protocollo d’intesa stipulato con Eni, ad oggi si sono messi in campo a favore della città 9,5 milioni ripartiti in quattro diversi accordi attuativi. Nel rapporto locale di Eni a Gela del 2018, descrivendo le proprie attività a favore della formazione e l’educazione, la multinazionale rivendica l’efficacia dei progetti contro l’abbandono scolastico.

NELL’ISTITUTO PROFESSIONALE ETTORE Majorana, nel triennio 2016-2019, Eni ha contribuito alla formazione dei docenti «per gestire un nuovo modo di fare didattica» e alla «digitalizzazione del sistema», con l’allestimento di reti Wi-Fi, la dotazione di computer e la creazione di una modalità didattica tramite iPad. In questo caso, il tasso di abbandono scolastico è calato dal 48% dell’anno scolastico 2015-16 al 3% del 2018-19. Nello stesso periodo, i documenti dell’istituto Majorana registrano il cambio di prospettiva rispetto all’impatto di Eni sul territorio gelese. Nel PTOF 2016-2019, si attesta come «la presenza di uno stabilimento petrolchimico ha contribuito ad un forte incremento demografico, ma anche all’impoverimento e alla dequalificazione del territorio, che è divenuto una delle zone a più elevata incidenza di carcinomi sul piano nazionale».
Nell’edizione successiva, redatta nel 2019, rimane il riferimento alla situazione economica, ma scompare quello alle tematiche ambientali e sanitarie: «La presenza di uno stabilimento petrolchimico ha offerto sbocchi lavorativi agli abitanti del luogo e dei paesi limitrofi. Questo ha contribuito ad un incremento a livello demografico, ma la progressiva e quasi totale chiusura degli impianti dello stabilimento ha generato una crisi economica e sociale di non prevedibile portata».

AL CONTEMPO, E’ INIZIATA la «promozione di attività di orientamento professionale in sinergia con associazioni, enti e imprese presenti sul territorio». Su questa scia si innesta l’offerta di alternanza scuola-lavoro di Eni. Sempre nel rapporto locale si attesta il coinvolgimento di un totale di 926 studenti durante il triennio 2016-19. Considerando gli studenti nella fascia d’età compatibile con le date (circa ottomila secondo dati Istat), Eni ha interessato circa il 10% dei ragazzi coinvolti nelle attività di alternanza. Tra queste attività, anche il campionato Green economy oriented, una sorta di competizione incentrata sulle attività dell’azienda che ha coinvolto le scuole superiori : 200 studenti per 31 docenti «made in Eni». Gli elaborati dei partecipanti sono emblematici: «Ho visto l’Eni da una prospettiva migliore. La raffineria spesso è considerata come qualcosa che inquina e basta. Da oggi so che non è così: la sicurezza e l’ambiente sono aspetti prioritari per Eni», scrive una studentessa del Majorana. Parliamo di corsi legati alle tematiche della sostenibilità ambientale, organizzati da un’impresa con un trascorso non privo di storture sul territorio gelese, culminate anche in vicende giudiziarie.

QUESTO INVESTIMENTO NEL SOCIALE ha ovviamente contribuito a un cambio di prospettiva nella percezione dell’impresa. Nel 2018 Eni ha commissionato un’analisi sulla sua reputazione a Gela in cui si certifica come «la bioraffineria contribuisca positivamente all’immagine di Eni, mentre lo sviluppo delle attività Oil&Gas è visto positivamente per le ricadute occupazionali»; secondo il rapporto locale, «le iniziative sociali in atto, una volta conosciute, sono state valutate molto positivamente: dall’alternanza scuola-lavoro alle attività contro l’abbandono scolastico».

QUESTO E’ SOLO UN ESEMPIO di come sia «aggressiva» l’agenda di Eni nelle scuole, e lo dimostra la réclame sempre più martellante delle attività che propone. Pur insegnando direttamente o indirettamente ai ragazzi la sua particolarissima visione di «tutela dell’ambiente», arriva a costruire percorsi di istruzione che coprono in certi casi tutto l’arco di studio di un giovane italiano. La social license di Eni è quasi irrimediabilmente compromessa in tutto il mondo, ma ciò non le impedisce paradossalmente di essere un punto di riferimento sui temi ambientali in Italia. Persino a scuola.

*** estratto del progetto editoriale «Inquinanti» nato in collaborazione con Greenpeace Italia. L’inchiesta integrale verrà pubblicata nelle prossime ore su leggiscomodo.org/inquinanti