All’appello di Pippo Civati («Vediamoci tutti insieme, nel corso di questa settimana per definire le sfide della sinistra») non ha ancora risposto. Il passo della tela di Giuliano Pisapia è lento, quasi sfiancante per chi, anche pronto a riconoscere la sua leadership, non è del tutto d’accordo con lui sulla road della nuova «casa» del centrosinistra. E così forse bisognerà aspettare ancora qualche tempo prima che tutte le tessere del puzzle (non facile) di Insieme vadano a posto.

È in sostanza la ragione sociale delle giornate romane dell’ex sindaco, ieri e oggi. Ieri pomeriggio è stato intercettato a Montecitorio, scortato dal giornalista Gad Lerner e dal deputato Ciccio Ferrara, capofila di Campo progressista nel gruppo di Art.1. Ha liquidato i cronisti con un sorriso: «Sono venuto a vedere alcuni amici». Ma in agenda aveva un abboccamento super riservato con l’europarlamentare di rito franceschiniano David Sassoli, che il primo luglio si è fatto vedere a piazza Santi Apostoli; un appuntamento con Gianni Cuperlo, dato dai bookmaker di palazzo in uscita dal Pd. E infine, alle 19, l’incontro con la presidente della camera Laura Boldrini, che una volta smessi i panni istituzionali sembra avviata ad essere uno dei riferimenti di «Insieme». Ieri la presidente, interrogata sul tema della sinistra dagli inviati parlamentari alla cerimonia del Ventaglio, ha risposto in maniera istituzionale e tuttavia con parole che, a chi le ha colte, sono suonate parecchio in linea con il senso politico della tela di Pisapia: «Penso che parlare di alleanze sia sbagliato, penso che si debba stare lontano da questo tema, amato solo dai cultori delle polemiche».

Oggi l’ex sindaco incontra Roberto Speranza, coordinatore di Art.1 e non ostile alla riunione anche delle sinistre spezzettate in un’unica lista elettorale.

Il nodo da sciogliere è quello posto in piazza il primo luglio: se la nuova «cosa» dovrà appunto essere una lista o un nuovo soggetto. Pisapia teme l’effetto «Sinistra Arcobaleno». E un tavolo che metta insieme i capofila delle diverse componenti politiche rimanderebbe – fatalmente, nella convinzione dell’ex sindaco e dei suoi – a quell’infelice esperienza. Nelle prossime settimane, prima e dopo la pausa estiva a seconda delle situazioni, nasceranno i gruppi di «Insieme» in setto o otto regioni, come già successo al comune di Milano.

Per questo il coordinamento nazionale, la cosiddetta cabina di regia, «dovrebbe essere coerente con questa impostazione e con il suo profilo», c’è chi ragiona: insomma non dovrebbe dare l’impressione di un organismo negoziato fra gruppi organizzati in quote. Sarebbe questo il punto cruciale del faccia a faccia di oggi.

Intanto l’andamento lento di Pisapia sfianca e spiazza chi guarda dalla sua parte. Alcuni nel Pd lo interpretano come una residua possibilità di avvicinamento. Se per il presidente del Pd Matteo Orfini la discussione sulle alleanze «è assurda, data la legge elettorale vigente, una perdita di tempo», il capogruppo dei senatori Pd Luigi Zanda – franceschiniano – «un’alleanza con Pisapia la farei anche domattina», come ha dichiarato ieri al Corriere della sera, e comunque «il centrosinistra è nel destino dell’Italia. Deve essere il punto di arrivo delle elezioni del 2018».

Da sinistra l’eventualità è esclusa. Ma gli appelli di Civati, a cui ha subito risposto sì Nicola Fratoianni (Sinistra italiana), restano inevasi. Stefano Fassina (Si) auspica una convergenza delle forze a sinistra del Pd, «ma continuare a far andare avanti soluzioni predefinite in termini di leader e programma», ha scritto ieri su Huffington Post, «chiudere unilateralmente “cabine di regia” e aspettarsi rassegnate e inevitabili sottomissioni vuol dire assumersi la responsabilità della divisione e del fallimento politico e elettorale di tutti»». Fassina si augura anche una cucitura fra «Insieme» e i civici del Brancaccio. Oggi ci sarà la loro assemblea a Milano