Gianni Cuperlo, ha ragione Giachetti?, avete rimandato le primarie perché non avete ancora deciso chi le vincerà? E perché i renziani non hanno un candidato?

Sul candidato renziano non ho competenza a rispondere. L’opinione di Giachetti, invece, non mi convince per due motivi. Il primo è che al Pd un congresso di verità serve come l’ossigeno ma se lo gestiamo come una conta finiamo inseguiti dai nostri iscritti. Dopo quanto è avvenuto nessuno ha le virtù del redentore. Serve altro.

Secondo motivo.

Bisogna ripensare il progetto. Il 4 marzo si è consumata la peggiore sconfitta della sinistra anticipata per altro dal risultato rimosso del referendum costituzionale. Solo immaginare che dopo una valanga del genere basti tinteggiare le pareti è un’illusione. È cambiato tutto. Dieci anni fa, quando il Pd è nato, eravamo immersi in un sistema a due poli con il maggioritario. Oggi i poli sono tre e il parlamento si elegge con un sistema di fatto proporzionale. Mettici le conseguenze della crisi sulla classe media, l’impoverimento più esteso del dopoguerra e l’impatto dell’economia digitale sulla società dei lavori. Il punto non è aspettare che passi la nottata. Il tema è se qualcuno ha in mente una novità di linea, classe dirigente e concezione del potere dopo la gelata che ha bruciato il vecchio raccolto.

Intanto dovreste fare opposizione, ma già nel Pd c’è chi contesta il “decreto dignità” con le parole di Confindustria.

Il decreto andrà giudicato nel merito. Ma se vi fossero voci – dal reintegro della causale all’aumento dell’indennizzo per i licenziamenti illegittimi – che alcuni tra noi avevano indicato nella passata legislatura, sarebbe complicato sostenere che non siamo d’accordo, tanto più – e parlo per me – non avendo votato il Jobs act. Il decreto più che una vera lotta al precariato contiene una serie di annunci per una campagna elettorale che non finisce mai. Ma sono per giudicare la sostanza. E se il sindacato dice ’confrontiamoci’ forse un partito che vuole recuperarne la fiducia dovrebbe ascoltare.

Vuole aprire contraddizioni nell’M5S, come D’Alema?

Bisogna capire dove siamo e cosa è questo governo. L’impianto è di destra, basta ascoltare le ricette su migranti, flat tax o legittima difesa. Il populismo penale attraversa molte pagine del contratto. La Lega ha consumato la sua svolta vestendo i panni di partito nazionalista del terzo millennio. Il vero pericolo è qui. Nel rovesciamento dello schema che ha dominato gli anni 90 e non solo: valori progressisti sul versante della democrazia e politiche economiche e sociali di matrice liberista. L’economia come un dogma – flessibilità, precarietà – e la sinistra, sulle due sponde dell’Atlantico, troppo timida nell’esprimere la radicalità necessaria per opporsi. Questa nuova destra si propone con ricette che pescano nel vecchio bagaglio della sinistra ma combinandole coi valori più tradizionali e reazionari della destra. Ci dobbiamo attrezzare resettando parecchia roba che abbiamo detto e fatto negli ultimi vent’anni.

Dovreste far esprimere anche il partito, forse. Vi siete dati tempi lunghi per una discussione profonda, ma questa discussione non l’avete organizzata.

Per la mia parte ci ho scritto sopra persino un libro con alcune idee dalle quali ripartire: cosa vuol dire rimettere al centro la libertà del singolo, rivedere il legame tra diritto al lavoro e a un reddito, aggredire l’emergenza casa di 250mila famiglie a rischio sfratto per la morosità sul mutuo, riformulare un’idea di Europa perché se al nazionalismo contrapponiamo la difesa dell’Europa che c’è saremo travolti. Sono solo titoli, il congresso dovrebbe prevedere forme di confronto sui temi, con tesi contrapposte, e una diversa modalità per rendere partecipi gli iscritti. L’alternativa è chiedere di nuovo a ciascuno di presentarsi la domenica prevista per partecipare al referendum sul nuovo capo.

Si candida? Nicola Zingaretti non rappresenta tutta l’area della sinistra?

Non ho l’ansia di candidarmi a nulla. Sto girando l’Italia, vado nei circoli, e da molti mi viene la stessa richiesta, mettere in campo un’alternativa alla strategia di questi anni, e un ricambio nella classe dirigente. Io con altri questa discontinuità l’ho chiesta anche quando non era di moda e adesso il minimo è avere certezza che al congresso si esprima. Aggiungo: uscire da questo passaggio coi vecchi trasformismi o un unanimismo di facciata aprirebbe la via a nuove sconfitte. Zingaretti fa bene a dire ciò che intende fare. Per parte mia questa volta sento che la svolta dev’essere profonda. Decideremo con chi è rimasto ancorato a un’idea di sinistra.

Non ci sarà più un segretario candidato premier, come lei chiede da tempo.

Non ci sarà perché quel modello di partito è finito con la stagione che lo aveva generato. Al Pd serve un segretario che abbia l’ambizione di fare quello e soltanto quello. Non perché il governo non conti, ma perché senza una forza organizzata alle spalle, senza un pensiero e una identità che vanno ricostruiti anche la prova del governo risulta più fragile. Il compito di adesso è ricostruire un campo largo che la stagione ultima ha colpevolmente diviso e il ruolo del partito più grande in questo è decisivo. Penso a un campo federato di forze, movimenti del civismo, personalità e associazioni capaci di reagire alle minacce di una destra verbalmente violenta e culturalmente autoritaria. Su questo piano il dialogo a sinistra non va archiviato. Va riaperto.

Lei è cassaintegrato a zero ore del partito. Da Jim Messina alla fine com’è stata gestita la vicenda dei lavoratori del Nazareno?

Sono rientrato alla direzione del Pd e come altre decine di dipendenti sono in cassa integrazione. Le radici del malanno vengono dalla scelta di tagliare il finanziamento pubblico. Quel modello andava rivisto, corretto ma la sua abrogazione ha schiacciato il partito sulle istituzioni e resuscitato una selezione di censo nell’accesso alle cariche elettive. Quanto a Jim Messina, massimo rispetto ma mi auguro che la prossima volta sia reclutato per una consulenza esclusiva alla Lega.

Ha detto in assemblea che cerca un lavoro. Ha un’idea su cosa vorrebbe fare?

Sì, il titolista al manifesto.