Gianni Cuperlo, per il capo di Confindustria questo governo «può fare più danni del Covid». Dopo giorni di balbettio di governo, ieri Conte ha rimandato l’accusa al mittente. Come interpreta l’attacco di Bonomi?
Al di là dello stile, che nel cuore di una tragedia esige cura, fa riflettere un tono così duro verso un governo che non le avrà fatte tutte giuste ma si è trovato ad affrontare in poche settimane l’emergenza sanitaria, la recessione e l’impatto sociale più devastante della nostra storia. Ma stiamo al punto: la produttività è bloccata da vent’anni, la spesa in ricerca delle nostre imprese sta sullo 0,9% del Pil contro una media Ocse quasi doppia, si stimano oltre 100 miliardi di evasione. Dire che è solo colpa di una classe politica inadeguata è un’autoassoluzione un tantino faziosa.

Confindustria punta a un governo diverso?

Le spinte, anche legittime, ci sono da tempo, penso alla campagna su Draghi. Ma per un governo diverso non ci sono le condizioni politiche. Chi sollecita una rottura della stabilità si avventura come James Dean nel chicken game, una corsa a chi frena per ultimo prima del burrone.

L’estate scorsa voi del Pd dicevate ‘al voto’ fino a un giorno prima di fare il governo con i 5s.

Questa volta mi sento di garantire che dopo Conte per noi ci sono le elezioni.

Eppure il governo non sembra solido. Decreti economici insufficienti, dossier rimandati per scontri interni. L’autunno sarà difficile, fra le cambiali in scadenza c’è il blocco dei licenziamenti. Reggerà?

Nessuno può nutrire certezze assolute, ma penso che il governo reggerà la prova dei prossimi mesi perché non c’è un’alternativa in campo, soprattutto perché non è una stagione come quella del 2011. E non lo è perché l’Unione europea, ed è la buona notizia, ha dato la risposta che non diede nel 2008. L’Europa, a partire dalla sospensione del Patto di stabilità che ci consente di fare deficit in doppia cifra, ha adottato misure senza precedenti. È cambiato anche il linguaggio, dal rigore a «the next generation». Certo, siamo in una condizione di emergenza che non ha eguali, dieci milioni di italiani sono a rischio di impoverimento, la prova dell’autunno richiederà il massimo dello sforzo e imporrà al governo di essere più attento anche nei controlli, alcuni sono mancati e la gestione del fiume di risorse non sempre ha seguito i flussi giusti. Aggiungo lo scarto tra l’effetto annuncio sugli ammortizzatori o i crediti garantiti dallo Stato e i termini concreti dei trasferimenti. Ma tutti, non solo il governo, dovranno fare in modo a che non ci sia il giorno X dei licenziamenti. Se non vogliamo che il sistema collassi.

Quanto alla Ue, M5s continua a dire no al Mes. E ieri Conte si rimetterà al parlamento.

Rispetto la dialettica nella maggioranza, e il presidente del Consiglio fa bene a tenere una posizione di estrema cautela perché non può e non deve rinunciare a trovare un punto di convergenza nella maggioranza. Ma spero che alla fine ci sia consapevolezza che a un prestito a un tasso di interesse quasi inesistente non possiamo rinunciare.

Conte offre collaborazione alle opposizioni. Magari proprio sul Mes?

Il governo si deve far carico della disponibilità ad ascoltare e a recepire proposte che provengono dalle opposizioni, in una logica migliorativa dei provvedimenti. Ma certo conta molto anche il clima. Se dalle opposizioni piovono gragnuole di insulti verso il capo del governo o quello dello stato è difficile. Detto questo, su alcune questioni, certamente quelle istituzionali e quelle elettorali, comunque non si procede a colpi di spallate unilaterali.

Il Pd è il partito più fedele a Conte. Per questo avete congelato la discussione interna?

Dopo la pandemia nessuno di noi può permettersi di tornare quello che era prima, perché nel prima ci sono tutti i nostri ritardi. Leggendo Parsi, Stigliz e Mazzucato, vediamo che mai come in questo momento c’è l’urgenza di ridefinire intere categorie del pensiero economico, politico e sociale. Anche per questo il Pd così com’è non basta, deve allargare il perimetro per il ripensamento radicale del patto sociale di questo paese. È una sfida incredibile ma è anche l’opportunità di fare le riforme che non abbiamo fatto non nell’ultimo semestre ma negli ultimi tre o quattro decenni. A partire dalla formazione, e dalla chiave degli investimenti pubblici.

Ma il vostro non è un governo socialista. I 5stelle condividono questa agenda?

Il governo è nato in maniera rocambolesca, ma menomale che abbiamo detto sì. Perché al netto di tutte le difficoltà, il paese passi in avanti ne ha compiuti e noi non siamo nella scia di Trump, Bolsonaro, Johnson e Orban. E di passi ne ha fatti anche compiere anche alla Ue. Nel marzo del ’18 la sconfitta è stata la peggiore dalla nostra nascita. Oggi, dopo due anni, anche per gli accidenti della storia come la caduta di Salvini, il Pd è il perno del governo. E il M5s, che conserva una fortissima rappresentanza parlamentare, conosce una crisi anche dei tratti fondamentali del suo impianto. Il Pd, al di là dei sondaggi che ci vedono a una manciata di punti dalla Lega, oggi è nella condizione di giocare il suo ruolo e la sua partita.