Si scioglie oggi il rovello di Gianni Cuperlo che segnerà del futuro di una delle sinistre interne al Pd. Il primo degli sconfitti alle primarie deciderà se accettare l’incarico offerto da Renzi, ovvero la presidenza dell’assemblea del Pd che verrà insediata domenica a Milano.

Cuperlo ha declinato l’offerta tre giorni fa, ma i suoi lo tengono da giorni sotto pressing serratissimo. Ieri mattina, altra riunione con i parlamentari che lo hanno sostenuto, e altra serie di interventi per chiedergli di accettare. Alla fine lui ha preso un altro giorno di tempo, ma ha avvertito che non è uomo adatto a due ruoli: capo dell’area politica ma anche presidente dell’assemblea.

Oggi, prima della decisione finale, ne parlerà con Renzi. È qui il busillis. Il presidente dell’assemblea per Cuperlo è ruolo ’di garanzia’ tant’è che per eleggerlo dovranno votarlo anche i renziani. Accettando, Cuperlo teme di avere le mani legate e di non poter «condurre la mia battaglia politica fino in fondo». Il timore, non solo suo, è che la guida della minoranza finirebbe in altre mani; e vista la pluralità delle anime che convivono – molto a fatica – nell’area, potrebbe significare uno scioglimento di fatto. I giovani turchi non hanno digerito bene la non partecipazione alla segreteria. E anche Renzi ha l’aria di non considerarla una decisione definitiva. Il timore di chi gli chiede di accettare la presidenza è anche quello di vedere ridotta l’opposizione interna «a un nuovo correntone», dice Matteo Orfini, citando l’area Ds che fu di Pietro Folena e che finì per assottigliarsi fino a non entrare nel Pd.

C’è poi chi vede un altro pericolo, quello «di una scissione silenziosa di militanti»,per dirla con D’Alema. Un’area che fra gli iscritti pesa il 38 per cento, quindi quasi mezzo partito, e che non vedendosi rappresentata potrebbe disimpegnarsi. Né apprezzerebbe la linea della contrapposizione con il neosegretario, considerato un po’ da tutti il cavallo vincente per il voto. «La presidenza è un ruolo da cui fare politica, l’interpretazione notarile non si è mai data nel Pd», insiste Orfini. L’ex presidente Bindi era spesso interprete di vere ’controrelazioni’ rispetto al segretario Bersani. Lei ci scherza: «Era il segretario che faceva le controrelazioni, il presidente parla in apertura dell’assemblea». E però Bindi era nella maggioranza. Ormai a chiedere a Cuperlo di accettare sono anche i bersaniani, oltranzisti anti-Renzi. Ma mettono condizioni: si può collaborare, si può persino «spostare la legge elettorale dal senato alla camera ma non in una situazione in cui si insolentisce la Finocchiaro tutti i giorni. Né si può apprendere in tv chi è candidato e chi no alle europee», spiega Alfredo D’Attorre. E poi perché Gianni Pittella, oggi al terzo mandato in Europa, sarà candidato, e D’Alema non potrebbe? Pittella nicchia: «Sono valutazioni del segretario, non voglio entrarci».

È un altro nodo: i turchi spingono per prendere le distanze dalla vecchia guardia, D’Alema, Bersani. E Finocchiaro. Cuperlo preferirebbe indicare un altro nome al posto del suo. Circola quello di Nicola Zingaretti. Ammesso che sia interessato – proposte al momento non sono state avanzate -, i turchi non gradirebbero. Renzi avverte dalla Stampa: «Non accetterò qualunque nome mi verrà proposto».

Intanto arrivano già le prime grane di linea politica. L’Arcigay esprime «sconcerto e rabbia» perché nell’europarlamento la risoluzione che avrebbe impegnato alla tutela dell’autonomia delle donne sulla contraccezione e sulla lotta all’omofobia, i renziani (Sassoli, Vittorio Prodi, Costa, Frigo, Pirillo, Toia) hanno votato no. Proprio mentre la Corte europea decideva che il congedo matrimoniale deve essere garantito anche ai lavoratori gay uniti dai Pacs, per gli stati che ce l’hanno. «Il Pd ha spianato la strada a un grave arretramento in tema di diritti. Renzi chiarisca una volta per tutte la posizione del partito».