Nell’ambito delle manifestazioni pasoliniane per il quarantennale della morte del poeta, al Piccolo Teatro arriva ora una produzione di Teatri Uniti (assieme all’Università della Calabria) del Calderon, uno dei testi teatrali di Pasolini più densi e meno rappresentati (ma tra un paio di mesi anche il Teatro di Roma ne presenterà una). Nato a metà degli anni 60, come tutti i suoi testi teatrali durante una forzata convalescenza, Calderon (fino a domani in scena al Teatro Studio) nasce però come calco, e insieme variazione e moltiplicazione, di un testo del siglo de oro spagnolo, La vita è sogno, scritto proprio da Calderon che prende a titolo.

Ma il conflitto qui si allarga da quello originario tra padre e figlio di Basilio e Sigismondo, e vive di tre momenti attraverso la storia facendo perno su una figlia, Rosaura, che dalla ricca origine borghese si troverà a toccare la lotta di classe e arriverà alla contestazione, in una Spagna ingabbiata dal franchismo.

Il punto di partenza è un famoso quadro di Velasquez, Las meninas, ovvero le due giovanissime infante di Spagna, ritratte dal pittore che raffigura anche se stesso dentro il dipinto. E questa partecipazione dell’artista alla propria opera, è la chiave con cui Pasolini costruisce questi tre sogni che sono poi la vita.

Francesco Saponaro, nel mettere in scena il testo fa delle operazioni di «ricucitura», come l’uso della lingua castigliana e di quella napoletana. Nel fondamentale personaggio materno chiama attraverso il video Anna Bonaiuto a esprimere la densità e il condizionamento di quel ruolo; lascia a Andrea Renzi entrambi i ruoli di Basilio e Sigismondo; affida a Maria Laila Fernandez i ruoli di Rosaura e dei suoi cloni nel tempo; Clio Cipolletta è molto brava e compresa nei diversi ruoli cui assolve.

Le visioni si susseguono come incubi o come illusioni, ma prevale l’umor nero del giudizio che Pasolini sembra esprimere su quelle trasformazioni e quegli abbagli della creatura Rosaura in cui in qualche modo si raffigura. Visioni che hanno il loro fascino, ma mai una chiarezza dinamica, la cui mancanza è forse anche il turbamento maggiore di questo testo difficile e complesso, ma da cui è bello lasciarsi interrogare.