Finalmente una pubblicità elettorale moderna? Non crediamoci troppo… Siamo sempre gli stessi. Certo, magari a Roma non siamo agli eccessi di manifesti elettorali shock come «Bocchino per tutti», un nome e un programma per Napoli, o come il Kojak di Caltagirone, tale Ripullo, o «Elena Putina», altro nome importante che si scomoda a Torino per Fassino, o Sandra Tidimeni (tutto-attaccato) che si mostra col selfie ma dice di voler tener d’occhio la città col cellulare (altri metodi, no?), o gli incredibili Maria Rosa Pompa di Salerno o lo zombesco Scabbio della lista «Noi X Milan», o il culone della ragazza messo lì dal bolognese Turrini «per attirare la tua attenzione».

No. A Roma è tutto un trionfo di cuori e cuoricini per Giorgia Meloni e per Alfio Marchini. Eccessi di amore-libertà-speranza. Una campagna rosa, magari un po’ falsotta. «Una scelta d’amore» leggiamo sopra al faccione sorridente della Meloni, «Ogni cittadino conta. Questa è Roma». Non ci sono nemmeno i toni dei primi grandi manifesti di Marchini con slogan del tipo «Liberi dai partiti», «Liberi nel dire no agli abusivi». E sono del tutto scomparsi i primi manifesti di Bertolaso sindaco, che erano gli unici ad avere un certo appeal berlusconiano («Roma forte, sicura, libera»). L’immagine nuova della Meloni è quella di una brava ragazza sorridente che offre amore e libertà.

Giachetti, invece, aveva lasciato tutti un po’ perplessi col manifesto che lo vedeva in giacca e camicia sbottonata, gli occhi al cielo e la scritta (chissà chi l’aveva inventata) «Roma torna Roma». Che voleva dire? Che tornava il Pd? E quando mai se ne era davvero andato? Devono avergli detto qualcosa, e ora vediamo una bambina vestita di bianco che saltella per le strade di Roma con la scritta «E tu splendi, invece, Roma». La faccia di Giachetti è scomparsa. In altri manifesti riappare, ma con gli occhi meno alzati al cielo a controllare i piccioni. L’idea, però, sia per la campagna di Giachetti che per tutta la sinistra, è quella del candidato amico che potresti incontrare ovunque. Di solito con la giacca tenuta da una mano sulla spalla, o con la camicia sbottonata. Per fortuna i comunisti di Rizzo rilanciano la falce e martello old style e la scritta «Vota comunista», spesso scambiata per una battuta vintage.

Di solito anche la destra è più vecchio stile, ripropone qua e là anche i faccioni di vent’anni fa, o la foto incravattata, come Davide Bordoni («la certezza del mio impegno», Forza Italia). I manifesti della estrema destra sono anche più forti e comici, certo. Incredibile quelli di «Iorio sindaco», mischione di paura dell’Isis e di fascino dell’Isis condita da vecchia grafica fascia e toni salviniani: «Fermiamo l’invasione». I camerati di Casa Pound si autodefiniscono con le parole della sinistra: «Arrogante, xenofono, populista». Si vede che per loro sono qualità. Grandioso il candidato Pistola, legato alla Meloni, che si presenta con la scritta «Sulla scheda rosa barra il simbolo e scrivi Pistola, un’arma in più per il cittadino». Bang!

Flavia Vento, con foto che la vede sorridente davanti al Colosseo si candida con Alfio Marchini con la scritta «Wind for Chance». Ma il capolavoro è il manifesto della nobildonna Giacinta Ruspoli, «meglio nobili che ignobili», della lista «con Giorgia». Poi esci un po’ dalla città e trovi faccioni incredibili legati alla destra sparsi per la campagna. Zavattaro, Antoniozzi. Si capisce che devono aver speso qualche soldo in più per la campagna della Meloni «Questa è Roma», per quella casual di Giachetti e per quella del candidato sempre sorridente Marchini che trionfa assieme alla Meloni sulle fiancate degli autobus cittadini. E si capisce che, dopo tanti anni di violenza verbale sui giornali e in tv, i toni delle campagne dei partiti maggiori puntano al tranquillizzante e all’amichevole. Non c’è nulla di violento e di impositivo.

«Non mi votare», leggiamo sul manifesto di Mascia di Sel. Anche il candidato è visto non come un burattino da esibire in un talk show, ma come una persona civile che puoi incontrare al bar con la giacca in mano. Magari abbiamo visto troppi Ballarò e Di martedì e il politico si è trasformato in una persona normale. Non per questo le campagne che vediamo sono meno «facciose» e un po’ ridicole. E ovvio che la campagna migliore l’abbia fatta la Raggi non comparendo su nessun manifesto per le strade di Roma.