«La conquista della terra, che in generale vuol dire portarla via a chi ha una pelle diversa dalla nostra, o un naso un po’ più schiacciato, a pensarci bene non è proprio una bella cosa. Ciò che la riscatta è soltanto un’idea ». Parole di Józef Teodor Konrad Korzeniowski, meglio noto come Joseph Conrad. E succo del suo romanzo più celebre, Cuore di tenebra, oggi di nuovo sugli scaffali grazie a Tunué in forma di romanzo grafico firmato Peter Kuper. Un volume apparentemente agile, quello del fumettista di «Mad Magazine» e «The New Yorker», ma denso quanto il suo modello. Molto sta nella prosa di Conrad, ripresa con la massima efficacia nell’impianto della trama e nei dialoghi. Ma molto anche nell’apporto di Kuper, capace di aggiornare il romanzo semiautobiografico originale del 1902 all’oggi con la forza di un’idea uguale e contraria.

ORMAI COMPLETAMENTE a suo agio con i fumetti tratti da opere letterarie come La giungla di Upton Sinclair e La metamorfosi di Kafka, qui l’autore di Summit, New Jersey appare più libero che nelle occasioni precedenti. Questo, nella gestione di una «gabbia» volutamente «anarchica» rispetto a lavori come il precedente Rovine. Ma anche nel segno, una vischiosa e dettagliatissima mescolanza di toni di grigio che omaggia allo stesso tempo i classici del fumetto avventuroso da Caniff a Pratt e l’aspra satira di Grosz.
Dove l’autore va oltre Conrad è nella filosofia narrativa: se lo scrittore polacco naturalizzato britannico aveva usato le cento pagine di Cuore di Tenebra per esorcizzare gli orrori visti durante le sue esperienze come capitano di un Vapore nel Congo belga di Leopoldo II, il suo epigono fumettistico sfrutta l’occasione in chiave sociale per sanare le pulsioni razziste del romanzo. Quindi, un punto di vista che dirige il fragile vascello del protagonista Marlow in una giungla ancor più fitta. Restano il misterioso Kurtz, i nugoli di zanzare e zagaglie in volo sul fiume, il conclamato senso d’impotenza di tutti gli eroi di Conrad, l’atmosfera angosciante che permea la narrazione.

MA LA STORIA trova una dimensione nuova e attualissima nelle scelte creative di Kuper, dalla decisione di realizzare il suo nuovo fumetto nell’amata e afosa Oaxaca, all’influenza fondamentale dei saggi sul colonialismo della ricercatrice Maya Jasanoff, fino alla documentazione fotografica d’epoca «rubata» proprio nel Congo di inizio Novecento alla missionaria Alice Seeley Harris.
La vecchia massima di Calvino per cui i classici non finiscono mai di dire quello che hanno da dire vale anche per i fumetti, basta che siano fatti bene.