Ognuno di noi, oggi, chi più chi meno cinefilo, conosce varie piattaforme (legali e, va da sé, illegali) dove vedere o rivedere in streaming determinati film, serie tv e tanto altro. Rimanendo in ambito cinema, fra i siti più noti si può menzionare Mubi, che presenta una selezione di titoli periodicamente cangiante anche in relazione al Paese da dove l’utente fruisce. A una esperienza come questa, che offre una selezione di titoli sulla base di una idea di cinema d’autore ben riconoscibile – tanto da essere tranquillamente identificabile pure come un genere – si può da poco finalmente aggiungere la possibilità di avere una piattaforma interamente dedicata a quel cinema che da sempre si è mostrato attraverso la categoria orientativa del genere e che, per comodità, è definito di «culto». Film erotici, film di mostri, film horror: di tutto e di più.
Il nome di questa impresa è Cultpix. Il sito, www.cultpix.com, è in fase – per così dire – di rodaggio.

UN CONSORZIO INTERNAZIONALE
«Noi di Cultpix non siamo una qualche start-up della Silicon Valley, ma un archivio di film svedesi e un’etichetta, Klubb Super 8, che ha ora vent’anni. Collezioniamo e riproponiamo film culto svedesi a eventi come festival e proiezioni di mezzanotte, così come in VHS, Dvd e Blu Ray. Visto il declino del mercato dei Dvd, abbiamo deciso di passare allo streaming: non con solo il nostro archivio di 90 film, ma entrando in sinergia con altre compagnie che conoscevamo, come – per esempio – Something Weird Video negli USA, Penny Video in Italia e Nikkatsu in Giappone. In totale abbiamo circa 400 film pronti per una piattaforma di circa 20 distributori, con aggiunte ogni settimana. I film di Cultpix sono di ogni genere: fantascienza, orrore, thriller, commedia, musical, erotico – la Svezia è ben nota per «il peccato svedese» nel cinema degli anni ’60 e ’70. La nostra sede è a Stoccolma ma abbiamo uffici a Londra e la piattaforma è globale, disponibile ovunque (eccetto la Corea del Nord).» Così parlò Patrick von Sychowski, fondatore del progetto assieme a Rickard Gramfors.
Come riportato, fra le compagnie interne al progetto c’è anche un po’ di Italia. Simone Starace (Penny Video) racconta di come nasce il coinvolgimento della sua società nell’iniziativa: «Ho conosciuto Rickard nel 2016, quando siamo entrati in co-produzione per un film horror sperimentale, Black Circle. Nel 2019 abbiamo poi avuto lui e Christina Lindberg come ospiti al Fantafestival e lì, insieme a Michele De Angelis, abbiamo discusso una serie di progetti per la distribuzione, sia home video che online. Come appassionati e conoscitori di un certo cinema, abbiamo subito intuito il potenziale di Cultpix, attivandoci per coinvolgere amici e colleghi.»

CARATTERISTICHE, TITOLI
L’obiettivo dichiarato dei fondatori di Cultpix sembra essere quello di creare una comunità globale di appassionati e appassionate. Fin qui, al di là dell’oggetto specifico, niente di nuovo sotto il sole, dal momento che l’intento sembra essere comune a molte altre esperienze relative alla fruizione di cinema in rete. Chi è che non dice di voler creare una «comunità globale»? Tuttavia, alcune precisazioni fornite sempre da von Sychowski aiutano a capire che, nel caso di questo progetto, ci possono essere buone possibilità di riuscita. C’è innanzitutto l’intenzione di usare in modo costante determinate forme mediatiche di promozione e discussione: blog, social media, newsletter, podcast, dibattiti. Poi c’è l’idea di considerare la fruizione sul sito come una esperienza con una sua specificità («Non vogliamo rimpiazzare le proiezioni di film in presenza o le collezioni di VHS e Dvd della gente. I film sulla piattaforma spaziano dal 1910 al 1990, e cerchiamo deliberatamente di non avere più film recenti»). Infine, si potrebbe dire che c’è una forte consapevolezza della logica di chi guarda e ama questo tipo di cinema («Proviamo ad avere ogni genere maggiore, e quindi per il momento stiamo cercando più spaghetti western, film di arti marziali e Blaxploitation . Chiediamo ai nostri membri quali film vorrebbero vedere sul sito, ma in ultimo siamo noi che decidiamo, perché non è una «democrazia», è un «culto» – il culto di quei film spesso odiati dai critici ma amati dal pubblico!»).
Passando ora all’interno del sito, una rapida ricognizione permette già di percepire come ci sia, per esempio alla pagina «Guida», uno sforzo teso a presentare una informazione intorno ai film che sia informale nei toni ma comunque esaustiva negli esiti. Inoltre, non si può non aggiungere una osservazione relativa invece alla pagina dedicata ai «Generi», che mostra una suddivisione molto precisa, attenta alle minime distinzioni: ci sono spazi dedicati a determinati filoni (Women in Prison», «Juvenile Delinquent»), nonché etichette apposite per distinguere i titoli di sterminate tipologie produttive («Nudie», «Erotica», «Sex Education», «Nudie Cuties»). E, ovviamente, molto altro.
Quanto al contributo italiano, Simone Starace precisa: «Per adesso sono già disponibili online alcuni titoli del nostro catalogo home video (fra cui mi piace segnalare almeno Dark Waters, visionario gotico d’autore di Mariano Baino), ma anche alcune rarità presentate al Fantafestival, come l’irresistibile satira trash Bloodsuckers from Outer Space. Il ruolo che ci siamo ritagliati non si limita in ogni caso a proporre i nostri film, nel senso che più in generale ci offriamo come intermediari e «aggregatori» per valorizzare al meglio il cinema italiano meno conosciuto (vedi la nostra riscoperta di Non contate su di noi, inedito spaccato della Roma «drogata» di fine anni ’70).»

CINEFILIA SENZA ALGORITMI
In ultimo vale la pena soffermarsi sull’operazione Cultpix nel suo insieme. Per questo, non sembrano esserci parole migliori di quelle di Starace: «Non ci nascondiamo che, rispetto a esperienze più religiose (la sala) e identitarie (l’home video), molto spesso lo streaming incoraggia una fruizione povera e distratta. Ma questo limite è legato in buona parte anche al tipo di offerta «all you can eat» proposto dalle principali piattaforme, in cui è pressoché assente l’elemento curatoriale. Penso che il punto di forza di servizi come Cultpix sia appunto quello di tornare a puntare sul fattore umano, affidandosi più al piacere della scoperta cinefila che non allo strapotere degli algoritmi.»
Sperando che un progetto come Cultpix riesca a raggiungere il successo che merita, non si può non elogiare, sin da ora, una piattaforma dedicata allo streaming di film di culto (quindi anche rari, oltre che relativi a diversi generi, diverse tradizioni, diverse nazioni) presentati attraverso tutta una serie di interventi di ambito selettivo, informativo e comunicativo che ne costituiscono, idealmente, l’idea di curatela. E che producono, alla fine, anche un modo di fare critica nobile, non inferiore a tradizioni più note (giornalismo, accademia).