«Apprendo la notizia che le tre persone coinvolte direttamente nel “violentissimo pestaggio” (come definito dalla Procura di Roma) di Stefano Cucchi sono state sospese dall’Arma dei Carabinieri. Credo che questo sia giusto e sacrosanto proprio a difesa e a tutela del prestigio dell’Istituzione. Ora non potranno più nascondersi dietro una divisa che non meritano di indossare».

Ilaria Cucchi commenta così su Facebook la notizia appena appresa della sospensione dal servizio, con stipendio dimezzato, dei tre carabinieri – Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e il vicebrigadiere Francesco Tedesco – che la procura di Roma ha chiesto di rinviare a giudizio con l’accusa di omicidio preterintenzionale.

Rimangono invece in servizio gli altri due militari, il maresciallo Roberto Mandolini e Vincenzo Nicolardi, per i quali il procuratore capo Giuseppe Pignatone ed il sostituto Giovanni Musarò, titolare dell’inchiesta bis, hanno chiesto il rinvio a giudizio per calunnia nei confronti dei poliziotti penitenziari che ebbero in custodia Cucchi e sui quali si tentò di scaricare la responsabilità del violento pestaggio.

Mandolini è accusato anche di falso, lui che il 15 ottobre 2009, la sera in cui Stefano venne arrestato per detenzione di droghe, era comandante della caserma Appia, dove il 32enne romano venne portato per il verbale, dopo il passaggio nella stazione Casilina.

Ma nel registro degli indagati sono entrati recentemente anche altri due carabinieri, accusati di false informazioni ai pm: Enrico e Sabatino Mastronardi, padre e figlio che avrebbero negato agli inquirenti di aver ascoltato la conversazione sul pestaggio di Cucchi riportata invece dal carabiniere Riccardo Casamassima, l’importante testimone grazie al quale si è impressa una svolta risolutiva all’inchiesta bis.