«Il senatore Giovanardi sostiene che incontrando la famiglia Cucchi io stia partecipando al “massacro delle Istituzioni”. Forse è utile sottolineare che io le Istituzioni le sto difendendo e che l’unico massacrato, dalle foto, sembra essere proprio Stefano Cucchi». Un incontro sentito, quello tra il presidente del Senato e i familiari del giovane romano morto il 22 ottobre 2009 mentre era in custodia cautelare, arrestato per possesso di pochi grammi di cannabis. Addirittura commosso, Piero Grasso non si è limitato ad un incontro formale e ha voluto segnare un altro primato di questi giorni delle istituzioni: rispondere al senatore Udc Carlo Giovanardi che da giorni combatte la sua personale battaglia contro le rivendicazioni della famiglia Cucchi e con argomentazioni simili a quelle di alcuni sindacati di polizia come il Coisp e il Sap.

«Lo Stato non può tollerare che questa violenza rimanga impunita – ripete, per il secondo giorno, Grasso – non deve avere paura della verità: come ho detto ai suoi familiari è doveroso che la morte di Stefano non sia vana e contribuisca a costruire una società che rispetti i diritti dei più deboli. Negli occhi della famiglia Cucchi ho visto coraggio e dignità: non bisogna lasciarli soli, non si può ammettere, né ora né mai, che lo Stato fallisca nel compito di tutelare i propri cittadini, soprattutto quando essi si trovano sotto la propria custodia». Parole che si aggiungono a quelle pronunciate da Matteo Renzi martedì sera a Ballarò – «C’è un’evidente responsabilità dello Stato; quel ragazzo poteva essere mio fratello», ha detto il presidente del consiglio – che scaldano il cuore della sorella e dei genitori della vittima. «Sono segnali importanti e di svolta, dopo cinque anni in cui io e la mia famiglia ci siamo sentiti presi in giro. Sia chiaro che io non voglio che sia trovato un capro espiatorio, ma solo la verità», commenta Ilaria Cucchi che a Palazzo Madama, accompagnata dal presidente della Commissione diritti umani, Luigi Manconi, ha incontrato anche i senatori Alberto Airola (M5S), Loredana De Pedris (Sel), Riccardo Mazzoni (Fi), Lucio Romano (Per l’Italia) e Luigi Zanda (Pd).

Importanti anche le parole del Guardasigilli Andrea Orlando che sembra ben disposto ad accogliere la richiesta di risarcimento danni avanzata dalla famiglia Cucchi nei confronti del ministero di Giustizia. «È una ferita da risarcire», ammette Orlando. E aggiunge: «Le parole del premier sono rese a nome del Governo, è una valutazione comune. Il mio compito ulteriore specifico è di fare in modo che la giurisdizione consenta di risarcire o comunque superare questa ferita e contemporaneamente di riflettere su una vicenda come questa perché i meccanismi che l’hanno prodotta non si ripetano».

È chiaro insomma che finalmente qualcosa si muove. Forse perché, come dice Manconi, è in atto «un transfert collettivo» sui familiari di Stefano. Un sentimento nuovo che potrebbe intaccare l’omertà che sta impedendo di appurare chi sia stato a picchiare il giovane. «Da mille segnali, dai messaggi che arrivano a me e alla famiglia Cucchi – afferma Manconi – so che l’atteggiamento dei poliziotti non è certamente quello espresso da due bonzi sindacali, disposti a tutto, come Tonelli e Maccari. E si deve tener conto che questi due sindacati, Coisp e Sap, non rappresentano la maggioranza della polizia di Stato e dunque le loro dichiarazioni sono uno strumento di campagna elettorale per incrementare i propri iscritti tra i poliziotti che si sentono più ingiustamente trattati dal potere politico», aggiunge Manconi che sta progettando un convegno sulle forze dell’ordine e sui diritti umani assieme al Siulp e al Siap (che ha inviato al manifesto una lettera, pubblicata in questa pagina), le sigle che raccolgono la maggioranza degli agenti iscritti al sindacato.

La famiglia comunque va avanti nella ricerca della verità sui fatti, su chi pestò il giovane detenuto – come hanno riconosciuto due gradi di giudizio – e sul perché sia morto. «Lasciamo fare alla giustizia, che è lenta, molto lenta, ma alla fine un risultato lo si ottiene», è convinto il presidente della Consulta Giuseppe Tesauro. Proprio in cerca di giustizia, ieri Ilaria ha depositato in procura un esposto contro il perito Paolo Arbarello, già direttore dell’Istituto di medicina legale della Sapienza, accusandolo di aver «sottoposto ai pm prima e alla Corte poi delle non verità scientifiche su temi di comune e banale conoscenza e verificabilità, pur di minimizzare le lesioni di Stefano ed escludere qualsiasi legame di esse con la sua sofferenza e con la morte».

Secondo i Cucchi, il prof. Arbarello avrebbe «cercato di dimostrare la colpa dei (soli) medici per la morte di Stefano, escludendo qualsiasi nesso di causa con le lesioni». Nell’esposto si sostiene anche che «in corrispondenza delle singole riunioni medico legali, i consulenti di parte degli agenti penitenziari ricevevano in qualche modo delle rassicurazioni sul fatto che sarebbe stata riconosciuta una morte naturale di Stefano indipendentemente dalle lesioni subite». Infine, l’esposto fa notare – secondo quanto riportato da Ilaria Cucchi – anche che l’8 maggio 2012 Arbatello venne nominato componente del cda della Milano Assicurazioni, diventando «portatore di un interesse qualificato nei confronti della società stessa, nonché del socio di maggioranza Fondiaria Sai e del gruppo Unipol che è ente assicurativo dell’ospedale Pertini in cui Stefano fu ricoverato e dove morì».