L’abbraccio tra Roberto Fico e Ilaria Cucchi, gesto fortemente simbolico di uno «Stato che deve essere vicino alle persone che cercano la verità», come ha affermato il presidente della Camera, è stato stretto davanti a tanti cittadini comuni ma quasi nessun parlamentare italiano. A parte rarissime eccezioni infatti, di rappresentanti politici e istituzionali non vi era traccia, nella sala dei Gruppi parlamentari di Montecitorio dove ieri è stato proiettato il film Sulla mia pelle, di Alessio Cremonini, che racconta gli ultimi giorni della vita di «un ultimo tra gli ultimi», come Ilaria ha definito suo fratello Stefano Cucchi, morto il 22 ottobre 2009, una settimana dopo essere stato picchiato da carabinieri che lo avevano arrestato.

La sala della Camera è stata aperta per la prima volta ai cittadini comuni per volere del pentastellato Fico, il quale ha accolto con «molta determinazione» la proposta del deputato radicale dem Roberto Giachetti di proiettare il film nel tempio della democrazia italiana, confidando evidentemente nell’interesse di deputati e senatori. Che invece lo hanno lasciato solo.

«Un film molto toccante, sintetico e chiaro, in cui anche i silenzi parlano», ha commentato Fico al termine della proiezione, dopo aver visto per la prima volta il film. Nel presentarlo insieme a Giachetti, al regista Cremonini, a Ilaria Cucchi e all’avvocato Fabio Anselmo, il presidente Fico aveva spiegato: «La battaglia della famiglia Cucchi è stata una battaglia per la verità. E lo Stato deve essere vicino alle persone che cercano la verità, che non fa mai male e fa sempre bene, anche se scomoda e dolorosa. L’unico modo per diventare uno Stato più maturo è riuscire a guardare nella nostra pancia e a cercare la verità. La verità non fa male ai carabinieri, né alla polizia, né alla finanza o alle forze armate. La fedeltà che io devo allo Stato, per la carica che rivesto, è il dovere di accendere i riflettori dove ci sono le ingiustizie». Poi, rivolgendosi a Ilaria Cucchi, Roberto Fico ha ringraziato quella famiglia che ha tenuto duro per nove anni continuando a confidare nella giustizia: «Grazie per questi anni che sono stati durissimi».

«Ma la battaglia non è ancora finita», ha ricordato Ilaria che ha chiesto al presidente della Camera di non lasciarli soli. È necessario infatti continuare a tenere accesa l’attenzione su un processo, quello in corso che vede imputati cinque carabinieri accusati a vario titolo del pestaggio di Cucchi e del depistaggio delle indagini, e che sta rivelando uno spaccato inquietante sulla catena di comando dell’Arma.

Ma per il ministro dell’Interno Matteo Salvini, invece, «non si può imputare a un sistema di 200mila uomini delle forze dell’ordine, l’errore di un singolo». Intervistato dal quotidiano Leggo, Salvini ha ricordato di aver invitato Ilaria al Viminale e ha aggiunto: «Poi comunque sono qui da cinque mesi, che devo fare? Per me, se vuole venire la porta è aperta».