Con le elezioni politiche di domenica 11 marzo è iniziato il conto alla rovescia per quello che molti analisti occidentali (ma non a Cuba) definiscono la «fine dell’era dei Castro». I 605 deputati eletti all’Assemblea nazionale del Poder popular (Parlamento), infatti, il 19 aprile dovranno eleggere il nuovo capo dello Stato e del governo, visto che l’attuale presidente (l’86enne) Raúl Castro ha da tempo annunciato che non si ricandiderà e che – secondo le fonti più accreditate- si trasferirà a Santiago de Cuba.

CHE QUESTE ELEZIONI consacrino un cambio generazionale al vertice politico dell’isola lo ha confermato anche una sorta di ben calcolata scenografia del voto. Raúl infatti ha compiuto il suo dovere di elettore in un municipio di montagna di Santiago, il Segundo Frente – dove si trova il mausoleo nel quale sarà sepolto assieme alla sua scomparsa moglie Vilma Espín. Di prima mattina, con una cerimonia semplice, senza discorsi o dichiarazioni di una qualche rilevanza. Per poi partecipare a un’opera teatrale infantile.

BEN DIVERSA invece la “fotografia” del voto di Miguel Díaz-Canel, il 57enne primo vicepresidente che viene unanimamente indicato come il successore alla massima carica dello Stato: in posa assieme alla moglie Liz Cuesta Peraza nel suo collegio di Santa Clara.

È del tutto inusuale, nella più che cinquantennale storia della Rivoluzione cubana, che un alto dirigente politico appaia assieme alle propria consorte. Con l’eccezione appunto della coppia del più giovane dei Castro e la moglie Vilma, anche lei rivoluzionaria della prima ora e dirigente di spicco – soprattutto del movimento delle donne.

 

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Ed è toccato proprio a Díaz-Canel pronunciare il discorso ufficiale del momento in una intervista di una decina di minuti concessa ai media nella quale, in sostanza, ha riassunto gli obiettivi e le sfide di un suo prossimo e probabile mandato.

«IL GOVERNO che stiamo eleggendo oggi – ha detto – sarà un governo del popolo, che parteciperà alle sue decisioni e che avrà il potere di revoca se qualcuno (degli eletti) non compie la sua funzione con responsabilità». Díaz-Canel ha ricordato anche la situazione delicata che dovrà affrontare visto che le riforme del modello socialista cubano iniziate da Raúl Castro sono in gran parte non concluse: «Stiamo difendendo la rivoluzione che continua ad essere attaccata in una congiuntura mondiale e regionale complessa – ha aggiunto -. E nel mezzo dell’attualizzazione del nostro modello economico», che non ha potuto essere pienamente compiuta «perché il processo è più complesso di quello che pensavamo all’inizio».

Infine, Díaz-Canel ha di fatto sottolineato come le elezioni segnino l’inizio di una transizione tra due generazioni, rendendo omaggio a fratelli Castro e ai «leader storici della Rivoluzione». I quali con tutta probabilità si faranno da parte proprio come il presidente.

JOSÉ RAMÓN MACHADO Ventura secondo segretario del Partito comunista e vicepresidente, infatti, è parso confermare il proprio ritiro nel corso della giornata elettorale. «Praticamente già siamo in un processo di transizione, anche se noi siamo autori di una transizione dal primo gennaio del 1959. Oggi però il cambio è generazionale» ha affermato dopo il voto a Guantanamo.
Insieme al comandante della rivoluzione Ramiro Valdés e al generale Guillermo García Frías, Machado Ventura era stato oggetto di una serie di alti omaggi ufficiali per il ruolo avuto nella Rivoluzione, omaggi che sono stati interpretati come come il prologo al loro ritiro da cariche di governo.

LE ELEZIONI hanno assunto un valore politico rilevante proprio perché segnano l’inizio di una transizione generazionale storica per l’isola. Infatti i 605 candidati deputati erano stati scelti dalla Commissione di candidatura (costituita dal governo) su indicazione dei nomi forniti da parte delle organizzazioni popolari, la lista era stata successivamente ratificata dai delegati locali del Poder popular. Tutti sono stati eletti da più della metà dei voti validi, come richiesto dalla legge elettorale. E come previsto.
I dati politici salienti sono stati quelli dell’affluenza, l’82,9% degli aventi diritto, la più bassa dalla prima elezione del Poder popular, nel 1976. E soprattutto la cifra dei voti validi, il 94,42% dei voti espressi.

L’OPPOSIZIONE agglutinata nella campagna «Cubadecide» guidata da Rosa María Payá aveva chiesto ai cubani di annullare le schede in segno di protesta. Secondo le cifre fornite dalla Commissione elettorale le schede annullate non hanno superato l’1,26%., dato che la Commissione ha qualificato come «un massiccio appoggio al sistema elettorale cubano».