Un silenzio imbarazzato è stata la reazione dell’Avana alla minaccia ventilata agli Usa dal viceministro degli Esteri russo Ryabkov di inviare truppe e mezzi militari a Cuba a in Venezuela. Nessun alto dirigente ha rilanciato un commento nemmeno dopo le critiche avanzate da voci dell’opposizione, ovvero che la dichiarazione di Ryabkov mette in questione la sovranità nazionale. Un argomento, questo, al quale i dirigenti della Rivoluzione cubana sono più che sensibili.

UFFICIOSAMENTE viene messo in chiaro che le parole di viceministro russo sono da intendersi come un avvertimento, «per far capire agli Stati uniti che cosa significa avere forze potenzialmente ostili ai propri confini», ha affermato l’ex ambasciatore Carlos Alzugaray. Insomma, fuori dal linguaggio diplomatico, una «sparata». La ragione più profonda è che in questo momento la dirigenza politica cubana teme di essere tirata per la giacca in una crisi lontana migliaia di chilometri. Di diventare insomma, come fu nella crisi dei missili del 1962, una sorta di vaso di coccio tra Russia e Stati uniti. E questo in una fase in cui le relazioni con il potente vicino del Nord sono al più basso livello dai tempi della guerra fredda.

Le priorità più urgenti, vitali, del governo cubano implicano la necessità di non aggravare ulteriormente le relazioni con l’amministrazione Biden che si sta comportando come – o anche peggio di – quella dell’ex presidente Trump, agitando la questione dei «diritti umani» come una clava per mettere in crisi il governo socialista dell’isola.

LA PRIMA ESIGENZA del vertice politico cubano è di mantenere sotto controllo la crescente virulenza della variante omicron del Covid-19, ormai presente nell’isola. Modelli matematici prevedono che il picco del contagio sarà all’inizio di febbraio. Per questa ragione viene accelerato il programma di vaccinazione. Cuba è il secondo paese al mondo per percentuale di popolazione che ha ricevuto un ciclo completo (tre dosi di siero) di vaccino. Secondo i programmi governativi, entro la fine di febbraio praticamente tutti i cittadini, dall’età di due anni, vaccinabili (i no vax sono di fatto inesistenti) avranno completato il ciclo e buona parte avrà ricevuto un “rinforzo” con una quarta dose di siero. Il tutto, quasi unico paese al mondo, con sieri di produzione nazionale.

IL SUCCESSO DI QUESTO programma dimostrerebbe che la piccola isola può entrare di diritto nei produttori di un vaccino che ,essendo basato su una tecnologia «tradizionale» (subunità proteiniche) e sperimentata da anni, presenta meno problemi di assunzione per i minori. E dunque può essere esportato in paesi che non possono spendere le cifre pretese da Big Pharma. Cuba ha ricevuto dal Banco Centroamericano de Integración Económica un credito di 47 milioni di dollari per la produzione di 200 milioni di unità che dovrebbero servire anche a questo scopo. Ma l’Oms nicchia sul riconoscimento dei vaccini cubani. In questo comportamento l’Avana vede lo zampino degli Usa e dei loro alleati nell’obiettivo di mettere in crisi il governo socialista.

LA SECONDA PRIORITÀ assoluta, vitale, è di ordine economico. La grave carenza di prodotti basici, l’inflazione galoppante, la crisi del turismo hanno portato le casse dello Stato e i portafogli della popolazione sotto il livello di guardia. Le autorità prevedono per quest’anno una crescita del 4%. Un obiettivo difficile, ma quasi irraggiungibile in clima mondiale di guerra fredda.

LA TERZA PRIORITÀ è la ripresa di un dialogo tra il governo e le forze sociali che lo appoggiano con una società civile che ha preso vigore mediante le reti sociali e manifesta un evidente malessere sia per la crisi economica, sia per questioni sociali (violenza di genere), sia politiche (maggior spazio democratico). Vi sono segnali che il vertice politico è diviso su questo tema. Una situazione da guerra fredda alimenterebbe la linea dura dei cosidetti ortodossi del Pcc.