Gli occhi della Repubblica federale tedesca sono puntati, oggi, sul più esteso e ricco dei suoi Land: la Baviera (12,5 milioni di abitanti). Se l’intera Germania è economicamente in salute, la regione di Monaco e Norimberga lo è ancora di più: secondo recenti dati dell’Agenzia federale per il lavoro, qui la disoccupazione è al 3,8%, mentre in tutto il Paese è al 6,8%. Le imprese della zona rispondono al nome di Bmw, Audi, Siemens, ed esportano in tutto il mondo. L’industria del turismo – trainata dalla poco commendevole Oktoberfest, ma anche dalla romantica bellezza di paesaggi e città – non conosce crisi, le università di Monaco sono considerate le migliori, la squadra di calcio locale è campione d’Europa in carica.

Eppure, anche in Baviera, come nell’intera Repubblica federale, non è tutto oro quel che luccica. Il tasso di crescita è ora attestato sullo 0,7%, ai limiti della stagnazione. E dietro le cifre da sogno sull’occupazione si nasconde il precariato: il 43% dei nuovi posti di lavoro creati negli ultimi anni sono a tempo determinato, calcola la confederazione sindacale unitaria Dgb. Che denuncia anche come una lavoratrice su tre sia una working poor, cioè percepisca uno stipendio da fame. Il mercato immobiliare, secondo molti osservatori, è avvolto in una bolla speculativa che sta per scoppiare. E il debito pubblico è raddoppiato nel giro di quindici anni – alla faccia dell’austerità.

Non è solo il quadro economico, tuttavia, che presenta dei lati oscuri. Il partito che quasi ininterrottamente dal dopoguerra (salvo nel triennio 1954-57) controlla il governo del Land, la conservatrice Csu (Christlich-soziale Union), si è distinto negli ultimi tempi per una gestione disinvolta del potere: nomine di parenti e amici che hanno costretto alle dimissioni il capogruppo al parlamento regionale (Landtag) a poche settimane dal voto. Uno scandalo che non ha tuttavia lambito il governatore Horst Seehofer, che si candida a restare per altri cinque anni alla guida dell’esecutivo. E molto probabilmente ci riuscirà.

I sondaggi indicano che i cristiano-sociali, che in Baviera fanno le veci della Cdu di Angela Merkel, potrebbero ottenere il 48% dei voti, che tradotto in seggi del Landtag significherebbe la maggioranza assoluta. Un segnale favorevole al centro-destra in vista delle elezioni federali di domenica prossima, ma anche un rischio per la cancelliera: i conservatori temono un «effetto-rassicurazione» che induca una parte del loro elettorato a starsene a casa, dando per scontata la vittoria. Molta attenzione è riservata anche ai liberali della Fdp, alleati dei democristiani sia a Berlino che a Monaco: se oggi non supereranno lo sbarramento del 5%, nella coalizione guidata da Merkel scatterà l’allarme generale. La Fdp teme per la propria sopravvivenza, e la Cdu un eccessivo «soccorso bianco» dei propri elettori nei confronti dei liberali.

Un precedente c’è, ed è molto recente: le elezioni regionali in Bassa Sassonia dello scorso gennaio. In quella circostanza, a fronte di sondaggi che evidenziavano il rischio che i liberali non entrassero nel Landtag, molti elettori della Cdu «prestarono» alla Fdp il proprio voto, provocando un brusco calo, del tutto inaspettato, dei democristiani. Una generosità risultata inutile, perché socialdemocratici (Spd) e Verdi riuscirono comunque a vincere di un soffio. Un’eventualità – la vittoria delle sinistre – assolutamente esclusa per il voto odierno.
Dalle urne bavaresi non sono mai usciti risultati entusiasmanti per le forze progressiste, e anche stavolta non sono attese svolte clamorose. La Spd presenta un candidato governatore, il 66enne Christian Ude, che è imbattibile a Monaco città, dove è sindaco da vent’anni, ma che non sfonda «in provincia»: troppo urbano, troppo cosmopolita. Il capoluogo è un’isola rossa in un mare nero (il colore ufficiale dei democristiani tedeschi): un monacense di casa nel quartiere universitario e bohémien di Schwabing è un marziano nel resto del Land. Ogni punto sopra il 20% sarà grasso che cola, per la Spd – spaventata dalle eventuali reazioni degli elettori alla già leggendaria «foto del dito medio» del candidato cancelliere Peer Steinbrück. Dal canto loro, i Verdi dovrebbero raccogliere intorno al 10% dei consensi, attestandosi più o meno sul livello federale.

La Linke resterà, invece, con ogni probabilità al di sotto dello sbarramento e continuerà dunque a essere una forza extraparlamentare in Baviera. Per i social-comunisti la vita in questo Land non è delle più facili: scarso seguito, ma non solo. Sul loro partito grava lo stigma di essere un’organizzazione estremistica (verfassungsfeindlich, «nemica della costituzione», nel gergo ufficiale) al pari dei nazisti della Npd o di Al Qaeda: il ministero bavarese degli interni è autorizzato a spiarne le attività e, a norma di legge, un impiegato pubblico non può liberamente appartenervi. Sembra incredibile, ma è così: la caccia alle streghe anticomunista degli anni settanta qua in Baviera non è ancora finita.