Di essere una femmina folle lo sapevo prima di formulare, intorno al mese di aprile, alla caporedattrice del Manifesto la proposta di una rubrica che citava, nel titolo, il film di von Stroheim del 1922, ma che il fenomeno di diffusione di femmine folli in giro per il mondo fosse in esponenziale aumento nel campo artistico credevo fosse un desiderio utopico e non una solida realtà come ho scoperto, tramite Antonietta de Lillo, prendendo parte al progetto Oggi insieme domani anche, film partecipato sull’amore.

Sono sul treno per Torino. Io e altre parecchie decine di fuori di testa fan sfegatati (in alta percentuale gay) di Madonna, in concerto stasera nella città sabauda. Quando prendo appuntamento con l’amica G al vagone bar percorro 5 carrozze (con fortuna ho rintracciato un biglietto di prima a poco prezzo) lungo le quali sono squadrata da: anziane ben vestite e ben ingioiellate, giovani molto calorosi in magliettine leggere e scarponi ingombranti, prole di varia età, principalmente bambine. Non capisco. Non mi sono ancora abituata alla frezza di capelli fucsia che mi sono fatta il 21 ottobre scorso. Gli altri, però, me lo ricordano: sembri una pazza. Sono una pazza, confermo.

Mi trovo al festival di Torino anche quest’anno. Non ci volevo venire per ragione varie, tutte valide. Ma la città la amo, mi piace fare su e giù con la fretta nella testa e il dolore nelle cosce, per via Po, via Lagrange, fino al multisala Reposi, schizzare da un cinema all’altro, orari permettendo provare a vedere minimo 3/4 titoli al giorno. Come in ogni altro festival che si rispetti, appena messo piede sul suolo preposto alla manifestazione, vengo assalita da furor cinefilo, una brama di visioni, la voluttà esistenziale di chi va pazzo per le immagini e gli accostamenti di esse. I primi 2 giorni del festival sono completamente soggiogata dalle matte del progetto partecipato. Conferenza stampa e proiezione, entrambe di soddisfazione, d’altronde il film di montaggio collettivo è venuto bene, è bello. Con questi capelli sembro la più matta di tutte, forse lo sono. Sono entrata da Mimmo, il mio parrucchiere storico, e gli ho detto fammi la frezza colorata affinché sia chiaro a tutti e dichiarato ben esplicitamente dal mio aspetto quanto matta sono così che nessuno possa venirmi a dire che che non l’avevo detto.

Per la strada le bambine mi guardano e sorridono, alcune proprio non riescono a smettere di fissarmi. Non ci sono abituata. È che vorrebbero essere come me. Ma le madri non glielo permettono. Dalle due-enni in passeggino, alle adolescenti, quelle che leggono Harry Potter e seguono la saga di Hunger Games, quelle che non capisco perché sono ormai lontane anni luce da me. L’adolescenza, negli anni 80, era Il tempo delle mele: tutte volevamo essere Vic Beretton ed era bello così. Non c’era nessun bisogno di capelli fosforescenti, piercing, tatuaggi. Infatti tutto questo l’ho fatto dopo. E comunque, adesso, ad essere sincera, mi sento più Crudelia Demon che ha virato al punk (pink). Femmine folli forever.

Fabianasargentini@alice.it