L’interesse di Nadia Busato per le storie delle donne, per quella parte di destino determinata dall’avere un dato corpo sessuato, è sincero. Per la casa editrice Sem ha scritto nel 2018 il romanzo Non sarò mai la brava moglie di nessuno. Il titolo riprende una frase della lettera che Evelyn McHale ha lasciato prima di uccidersi e prima di sposarsi, nel 1947. Una donna giovanissima, famosa perché il suo è stato definito il più bel suicidio della storia: il suo cadavere venne fotografato sul tettuccio della macchina su cui precipitò e Robert Wiles ne immortalò la bellezza.

Nel caso di Padania Blues, edito sempre da Sem (pp. 272, euro 16), siamo di nuovo di fronte a una vicenda vera: l’incendio doloso di un negozio di parrucchieri, una ragazza molto giovane che insieme al suo collega lo appicca per spartirsi anche col proprietario del salone i soldi dell’assicurazione.
Tutto va male, come sempre nella vita di Barbie. Questo il nome fittizio che Busato ha scelto per questa giovanissima e bella ma con poco fascino che sogna una carriera in televisione come velina, una celebrità conquistata in cambio di sesso, che però per lei non è prostituzione perché si innamora sempre, si innamora troppo.

ESISTE UNA VISIONE del nord Italia, così tragicamente alla ribalta della cronaca in questi mesi, per cui quella zona del paese si connota per la dedizione al lavoro e al denaro e di conseguenza per i compromessi fatti in nome dell’orgoglio per la fatica e il profitto. Nel profilo che Busato traccia della sua Padania – è nata in uno dei tanti paesini di meno di 5000 abitanti che costituiscono la Macroregione, tanto citata nel romanzo – la tragedia di questo squilibrio verso il guadagno a tutti i costi sta nell’anima dei suoi personaggi.

Barbie, certo, ma anche la sua amica Candy. Per chiunque abbia vissuto in provincia o magari frequentato la parrocchia in un quartiere della capitale non sarà difficile riconoscere in lei una di quelle ragazze che facevano da «guida» nell’azione cattolica, fidanzata da sempre con un suo «collega» di oratorio. La sua storia è emblematica perché rappresenta esattamente che cosa succede quando la tradizione e la norma dominanti nei piccoli centri si incastrano col neoliberalismo.

L’ESITO dal punto di vista narrativo è l’impossibilità di provare empatia per i personaggi del romanzo: non succede per nessuno di loro. Non suscita compassione Teresa, la madre di Barbie, che come sostiene la figlia ha fatto per anni «la serva» a suo marito Fausto, che poi la lascia per una donna più giovane che come da manuale lo deruba e lo molla. Lo stesso vale per Maicol, l’amico che spende troppo rispetto a quanto guadagna, per la macchina che non si può permettere e per la cocaina, altra protagonista indiscussa del romanzo, ormai elemento di decoro dell’infaticabile Padania. La coca che serve a dimenticare che nonostante le illusioni date da un certo benessere il rischio di restare irriconoscibili è infinitamente più alto della probabilità di diventare qualcuno.

Nel romanzo di Busato si legge allora di una terra che allontanandosi dalle radici contadine e cattoliche, per colmare quel vuoto identitario ha creato la Lega. La realtà, dentro e fuori questo romanzo, dimostra quanta avidità e disperazione nasconda il famigerato celodurismo, variante locale e nebbiosa del maschilismo.