«Il secondo disastro di Casamicciola» è il titolo di un giornale del 1883. Anche allora il disastro c’era già stato. Il terremoto aveva colpito il 4 marzo 1881, accompagnato da un rombo assordante, all’una e quindici minuti del pomeriggio. 126 morti, 249 case crollate, vittime e danni concentrati in un fazzoletto di strade: piazza Maio, il Purgatorio, Montecito, Maddalena, La Rita.
Gli stessi nomi, gli stessi luoghi dove si contano i danni adesso, anno 2017. Gli stessi del resto già bersagliati nel 1828, allora i morti furono 30.

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Nel 1883 fu vera strage, 2.300 morti e la distruzione estesa alla parte più bassa di Casamicciola. Ma il cuore del terremoto era ancora una volta lì, intorno a piazza Maio, dove c’era la cattedrale della Maddalena. Distrutta, assieme all’altra chiesa, quella dell’Assunta nella più bassa piazza Bagni. Ragione per cui quando si trattò di ricostruire la parrocchia della Maddalena fu costruita a metà strada. Tirata su prima della fine dell’Ottocento, non ha subito alcun danno dall’ultima scossa. La vediamo intatta, neanche una crepa. Le vecchie carte con il progetto dell’ingegnere Giovanni Gambara svelano il segreto: fondamenta profonde e uno scheletro di legno elastico. Dell’altra chiesa completamente distrutta nel 1883 resta solo qualche pietra in piazza Maio. Ricostruita anche questa, la piccola chiesa del Purgatorio dà il nome alla zona e la sua madonna ieri ha fatto un giro in Apecar verso la marina. L’hanno messa in salvo dopo che la facciata è collassata sul sagrato e su una delle due vittime di questo terremoto. Di questo nuovo disastro annunciato.

«DITE COME STANNO realmente le cose – ha quasi gridato ai giornalisti ieri, per il secondo giorno, il sindaco di Ischia porto, Enzo Ferrandino – Ischia non è un’isola terremotata e la nostra non è una comunità di abusivi, state facendo più danni del terremoto». La preoccupazione, lo si capisce, è per la stagione turistica. Ed è vero che a distanza di cento metri dalle poche strade devastate dal terremoto, vacanze e affari vanno avanti come al solito. L’estate non sta finendo. Ma c’è di più, c’è l’urgenza degli ischitani di divincolarsi da un racconto che dice: ve la siete cercata. E magari meritata. Il sindaco, tutti i sindaci dell’isola, trovano facilmente alleati nei politici campani che hanno scoperto il vantaggio elettorale degli abusivisti «di necessità» quando Di Maio non era neanche nato. E nel «governatore» De Luca, che dà la colpa di tutto «agli ambientalisti». Eppure nemmeno la polemica con i giornalisti è inedita. Scrive nel 1883 il medico Andrea Giuochi, assiduo frequentatore dell’isola, casa distrutta dal terremoto: «Abbiamo il diritto di rivolgere una parola di rimprovero a quella parte della stampa che si mostrò troppo crudele verso gli abitanti, ritenendoli responsabili delle funeste conseguenze, mentre secondo essi avanti il disastro furono avvertiti segni non dubbi di una prossima catastrofe».

I SEGNI. Il terremoto del 28 luglio 1883 arrivò alle 21.30, mezz’ora prima di quello di lunedì scorso. Allora era un sabato. «S’ode improvviso un rombo cupo e profondo, un boato orribile e tremendo o come una specie di mina che esplodendo sotto i piedi volesse sprofondare e inabissare la terra. In soli tredici secondi ebbe termine l’opera istantanea di distruzione». A parte la durata, allora molto più lunga, potrebbe essere la cronaca dell’ultima scossa e non la ricostruzione di De Andreis del 1883. Il racconto coincide. «Ho sentito un boato impressionante, lungo, come un tuono sotto la terra, poi la strada ha cominciato ad alzarsi come se ci fosse qualcosa che volesse uscire», raccontava ieri Angela, con altre due amiche è al porto di Casamicciola aspettando di partire. In quella serata di 134 anni fa Enrico Petito, uno dei più celebri Pulcinella dell’Ottocento, stava entrando in scena in piazza Bagni. Pare proprio con una parodia di chi ha paura del terremoto, a voler credere al racconto di Carlo Del Balzo – autore che però risulta aver romanzato parecchio. Fatto sta che il teatrino tirato su nella piazza, tutto in legno, fu una delle poche cose che restarono in piedi dopo la scossa. Assieme alle baracche costruite nel 1881 per ospitare gli sfollati, ancora oggi non del tutto scomparse dalla zona bassa del Perrone. Sono di legno anche queste.

NEL 1883 furono registrate sei scosse di assestamento durante la giornata successiva al disastro. Alla sera un improvviso temporale estivo contribuì a rallentare i soccorsi. I cadaveri erano ancora nelle strade quando arrivò a Casamicciola in visita il re Umberto I, era il 2 agosto. Tanti furono seppelliti sul posto, sotto la calce. Ieri splendeva il sole quando la ministra della difesa Pinotti è salita al secondo piano dell’ospedale Rizzoli per regalare una medaglia a Ciro, l’undicenne uscito per ultimo dalle macerie della sua palazzina, al Purgatorio. Tra cinque giorni il Consiglio dei ministri decreterà lo stato di emergenza per Ischia, la regione Campania ieri ha stanziato 2,5 milioni e l’Anci ha avviato una raccolta di fondi. Nel 1883 in diverse città italiane nacquero delle associazioni di solidarietà con Ischia che per raccogliere contributi diedero alle stampe racconti e poesie ispirate al terremoto. La biblioteca antoniana di Ischia ne conserva una bella raccolta. C’è anche un racconto di Giuseppe Verga che descrive l’isola dal mare.

 

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A CASAMICCIOLA, lì dove c’era villa Verde che nel 1883 ospitava la famiglia Croce, c’è oggi l’hotel Coralba, tre stelle. Non ha subito danni. Sulla facciata una targa del 1954 ricorda la sventura di don Benedetto, allora diciassettenne, sopravvissuto al crollo nel quale morirono padre, madre e una sorella. Risalire all’intensità del terremoto di 134 anni fa non è semplice. Il vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo spiega che sulla base dei danni si può calcolare un’intensità superiore al quinto grado. Ma le stime comunemente accettate sono assai più basse, girano attorno al quarto grado. Lo stesso del terremoto di lunedì scorso. Giuseppe Luongo, vulcanologo e storico dei terremoti, ha scritto che per quanto la stima possa apparire troppo bassa è la superficialità degli eventi a spiegare la vastità dei danni. Anche il terremoto di lunedì è stato un terremoto superficiale.

UNA SCOSSA PIÙ LEGGERA, ma nella stessa zona, c’era stata anche alla fine dello scorso agosto. Qualche danno, nessuna vittima. Una vittima l’aveva fatta l’alluvione, portandosi via nel novembre del 2009 una ragazza di 15 anni. E sempre a Casamicciola, in piazza Bagni, nello stesso luogo di un’altra tragica inondazione del 1910. Le previsioni qui a Ischia si possono fare in biblioteca. Oggi nelle strade che scendono dalla montagna e otto anni fa si gonfiarono di fango – via Nizzola, via Ombrasco – non ci sono solo le tante costruzioni che c’erano allora, incastrate una nell’altra come un Tetris urbanistico, ma anche le macerie dei muretti a secco venuti giù per il terremoto e qualche grosso masso di tufo che ostruisce il passaggio. Tra poco arriveranno le piogge.

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LA CRONACA più efficace del terremoto del 1883 è probabilmente quella di Ernesto Dantone, scritta a ridosso dei fatti. Con un’introduzione: «Non erano davvero mancati gli avvertimenti. Il più recente, il più terribile di tutti era stato il terremoto del 1881… si sapeva dunque che il mostro di fuoco rinchiuso nelle viscere dell’isola era desto e minaccioso: eppure non solo non si provvide prima, ma neppure si provvide dopo».