«Chiusi per mancanza di cemento». Un intervento che non poteva più essere procrastinato e non una decisione presa sull’onda delle emozioni per il viadotto crollato domenica in A6. Perché i ponti Fado e Pecetti, sulla A26, rischiavano seriamente di mettere a repentaglio la sicurezza degli utenti.
Il giorno dopo la chiusura parziale del tratto autostradale è il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi a chiarire quanto successo 24 ore prima. «Abbiamo fatto queste valutazioni dopo che i nostri consulenti ci hanno portato i risultati delle loro ispezioni. È stato rilevato un grave stato di degrado che consisteva in una mancanza di cemento per cui si doveva intervenire subito. Per fare un esempio era come se in un balcone la soletta sottostante fosse completamente sgretolata e la parte sana solo quella piastrellata».
In pratica quei due viadotti, insieme a altri 13 nel tratto ligure, hanno visto schizzare la loro valutazione sullo stato di salute da voti inferiori a 50 (che prevedono interventi entro cinque anni) a 70, il massimo nella scala del manuale di Aspi, che invece portano a limitazioni alla circolazione e chiusure parziali o totali delle carreggiate.
Una rete malata le cui crepe e reali condizioni erano state finora tenute nascoste con report ammorbiditi e false dichiarazioni di ispezioni. Il Fado e il Pecetti (voti passati da 40 a 70 da giugno a settembre), infatti, non sono gli unici sorvegliati speciali della procura che, parallelamente all’inchiesta sul Morandi crollato il 14 agosto 2018 causando la morte di 43 persone, indaga sui falsi report: si tratta di una indagine che vede coinvolte una ventina di persone tra dirigenti e tecnici di Aspi e Spea (la società che si occupava dei monitoraggi per Autostrade), per le quali la procura ha chiesto e ottenuto arresti domiciliari e interdizioni.
Sotto la lente dei magistrati sono finiti il viadotto Vegnina (A26, passato da 50 a 60), viadotto Coppetta (A7 da 50 a 70), Ponticello ad Archi (A10 da 50 a 70), sottovia Schiantapetto (A10 da 50 a 60), viadotto Biscione (A26 da 50 a 60), ponte Scrivia (A7 da 50 a 70), ponte statale del Monferrato (A26 da 50 a 60). E, ancora: Rocce Nere (A26, rimasto a 50), il Bormida (A26 adesso a 70), lo Stura 5 (A26 voto 50). Infine, ci sono il Gargassa (A26), il Busalla (A7), il Coppetta (A7, voto 70), il Veilino, il Bisagno e il Sori (tutti in A12).
Proprio sul Sori nelle scorse settimane la procura insieme agli uomini della Finanza avevano fatto una ispezione. A prima vista erano emersi ammaloramenti e infiltrazioni di acqua. Nei prossimi giorni verranno depositati i risultati e non è escluso che anche per questo viadotto si possa procedere come per la A26. «Non ci sostituiamo a nessuno – ha detto Cozzi -, il nostro compito è casomai di sollecitare gli interventi di competenza di altri. È in atto un piano di controllo che mi auguro venga seguito anche dal ministero. Bisognerà vedere, con le indagini, se quella degli omessi controlli era una filosofia generale oppure se si sia trattato di episodi singoli. Quello che è successo prima non deve più succedere. L’impressione che abbiamo avuto, nei mesi scorsi, è quella di una sottovalutazione dello stato delle infrastrutture». Anche la procura di Asti, intanto, ha aperto un fascicolo sulla voragine che domenica sera si è aperta nell’asfalto dell’autostrada A21 Torino-Piacenza, all’altezza del comune di Villafranca d’Asti. Per il momento senza indagati.