Crollo pesante per l’industria italiana, il peggiore dall’estate 2013: l’Istat registra un -3,6% per il fatturato in un anno (rispetto a marzo 2015) e -1,6% in un mese (confrontando cioè con il dato di febbraio scorso). Numeri così alti, in negativo, non si vedevano da un po’ e il campanello d’allarme suona soprattutto per il settore auto e più in generale (rispetto ai nuovi ordini) per l’export. Cifre pubblicate alla vigilia della presentazione ufficiale del programma del nuovo presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, prevista questa mattina all’Auditorium di Roma. E all’indomani, sul fronte opposto, della proclamazione di un pacchetto di scioperi da parte dei sindacati metalmeccanici.

Di dimensioni notevoli anche la caduta degli ordinativi: -3,3% sull’anno precedente, con un particolare allarme per la domanda estera (-5.8%), ma senza che nel frattempo possa dirsi tranquilla quella interna (-1,5%). Positivo, se non altro, seppure di pochissimo, il dato mese su mese, cioè rispetto a febbraio (+0,1%).

In particolare difficoltà il settore delle auto: segna un pesante -6,5%, dato mai così grave da due anni e mezzo (dal dicembre 2013). Frenata che non lascia presagire certamente “riprese” robuste nel breve e medio termine, visto che l’auto è un comparto che in genere fa da traino a buona parte dell’industria metalmeccanica, specie in Italia.

Una “consolazione” arriva, per il fatturato, dal deciso incremento tendenziale registrato nella fabbricazione di computer e prodotti di elettronica: +6,5%, in assoluto il più rilevante. Tornano invece i numeri negativi – e in questo caso anche da “record” – se guardiamo la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati: -22,4%. Ma è una cifra che se non altro farà felici gli ambientalisti.

Modello Federmeccanica 

Investimenti su innovazione e ricerca: come sappiamo è un punto debole non solo del nostro Paese (che non valorizza chi crea), ma anche delle nostre imprese. Ma gli industriali si concentrano invece su un altro fattore: la produttività dei lavoratori. Al punto tale da voler erogare incrementi salariali ormai soltanto a fronte di una aumentata redditività di impresa: è questo il piatto forte del rinnovo proposto dalla Federmeccanica a Fim, Fiom e Uilm, e da cui per il momento l’associazione non sembra volersi spostare di un millimetro.

Un passaggio della relazione di Boccia verrà dedicato al nodo delle relazioni industriali e dei difficili rinnovi con tanti tavoli ancora aperti. Intanto ieri Cgil, Cisl e Uil e Confcommercio hanno fatto sapere di aver avviato il confronto sul modello contrattuale.

Ma intanto ieri il neo presidente ha voluto offrire un primo assaggio: Confindustria, ha detto, è «equidistante dai partiti ma non dalla politica», lontano da una logica «bi-partisan» rigorosamente invece «no partisan». Lo ha fatto dopo l’assemblea dei delegati che ha confermato la sua elezione: 914 voti a favore su 1046 voti validi, pari all’87% di sì e 132 no, ma su cui pesano ben 305 schede bianche, presumibilmente di Assolombarda, e le 16 ritirate ma non consegnate.

L’associazione si conferma spaccata (Squinzi aveva raccolto il 94% dei consensi), come già si era visto nel giorno in cui Boccia era stato nominato presidente in pectore. «Non abbiamo votato contro per avere una spiegazione costruttiva», spiega il leader di Assolombarda, Gianfelice Rocca.

Fim: «Pressione sui delegati»

La Fim Cisl ha denunciato l’azione di “dissuasione” rispetto ai prossimi scioperi: «In queste ore in tutto il Paese – ha spiegato il segretario Marco Bentivogli – molte direzioni aziendali stanno convocando i rappresentanti sindacali allo scopo di scongiurare, attraverso promesse di anticipo o veri e propri pre-accordi sul salario, il blocco del lavoro straordinario programmato per il 28 maggio e l’11 giugno. Le stesse direzioni aziendali intimano ai delegati di non informare le organizzazioni sindacali territoriali». «Questi comportamenti ci ricordano i “premi antisciopero” degli anni ’50», conclude il leader della Fim.