L’economia italiana sarà pure un po’ “gufa”, ma proprio non ce la fa a riprendersi. I segnali cattivi arrivano da diversi fronti, e si vedrà se almeno i dati sull’occupazione che l’Istat diffonderà oggi potranno dare una boccata di ossigeno a un panorama asfittico. Innanzitutto la fiducia dei consumatori e delle imprese, che in aprile è tornata a scendere. E questo nonostante il Qe di Draghi, il diminuito costo del petrolio e dell’euro. Poi ci sono appunto le cifre del lavoro: la Cisl ha calcolato che dal 2008 a oggi sono stati persi ben 900 mila posti, mentre da una analisi di Openpolis per repubblica.it emerge che la disoccupazione italiana negli anni dal 2007 al 2014 è aumentata di ben il 108,2%, più del doppio rispetto alla media Ue.

Siamo più pessimisti
Gli italiani appaiono dunque un po’ più pessimisti, nonostante sia preponderante la retorica della ripresa, che almeno dal fronte della maggioranza governativa si rafforza in vista delle elezioni regionali. Secondo l’Istat, si è registrato un calo della fiducia delle imprese dai 103 punti di marzo ai 102,1 di aprile. Per i consumatori, il passaggio è da 110,7 a 108,2.
Entrambi gli indici, però, restano ai massimi livelli degli ultimi anni: per trovare un dato più alto sui consumatori bisogna tornare a giugno 2002, mentre per le imprese andiamo a giugno 2008.

«Nuovo bonus assunzioni»

Tra il 2008 e il 2014 si sono persi oltre 900 mila posti di lavoro, calcola un rapporto presentato ieri dalla Cisl, «con un turn over di ammortizzatori sociali utile e importante sì, ma che poco ha potuto fare rispetto alle condizioni di alcuni settori e territori, in particolare il Mezzogiorno del Paese».

Il sindacato guidato da Annamaria Furlan chiede di conseguenza di mantenere il taglio dei contributi previsti per gli assunti nel 2015 anche per il 2016: «Sicuramente il bonus occupazionale e lo sgravio Irap sui rapporti a tempo indeterminato – spiega il segretario confederale Gigi Petteni – dovrebbero nei prossimi mesi rafforzare la stabilità dei rapporti, ma un’idea più chiara si potrà avere a giugno, quando l’Istat pubblicherà i dati di consuntivo del primo trimestre 2015. Comunque, per i nuovi assunti deve essere previsto il bonus anche oltre il 2015 per prolungare l’effetto «attrattivo» e continuare a rendere più appetibile e consueto il lavoro stabile».

La Cisl ne ha infine in serbo anche per le “colleghe” Cgil e Uil, che avevano contestato la piccola entità dei risarcimenti dovuti in caso di licenziamenti con il contratto a tutele crescenti a fronte di un ben più sostanzioso sgravio concesso invece per le assunzioni: «Le obiezioni fatte allo strumento, che porterebbe le imprese ad assumere per poi licenziare alla fine della fruizione degli sgravi – conclude il sindacato di via Po – non appaiono consistenti in presenza di un’indennità di licenziamento adeguata, insieme a investimenti formativi per i nuovi assunti, che rafforzeranno il rapporto tra dipendente e impresa».

Boom dei giovani «Neet»

Come spiega Openpolis, la disoccupazione in Italia è aumentata del 108,2% negli otto anni che vanno dal 2007 al 2014: più del doppio rispetto alla media Ue. La Germania, al contrario, negli stessi anni ha visto addirittura calare la disoccupazione, di ben il 41,18%. E ancora: in Italia i lavoratori precari sono aumentati del 3%, mentre in Germania il numero è calato di oltre 10 punti percentuali.

Un quadro che certo non ci fa onore. E male è andato anche il fronte degli under 30: con la crisi, infatti, siamo diventati il Paese con la più alta percentuale di giovani fra i 15 e i 24 anni che non lavorano e non studiano (i cosiddetti Neet) e siamo passati dal 16,2% del 2007 al 22,2% del 2013. Una crescita che ha portato l’Italia a non avere concorrenti su questo piano, facendoci superare la Bulgaria, unica – nel 2007 – a fare peggio del dato italiano. Con una media europea del 13%, i soli Stati membri Ue che sono riusciti a ridurre la percentuale dei Neet sono la Germania (-29%), Malta (-13%) e il Lussemburgo (-12%).