Il Pd romano all’attacco forsennato della candidata a 5 stelle Virginia Raggi «colpevole» – almeno secondo scrive ieri il quotidiano romano Il Messaggero, di proprietà della Caltagirone Editore – di aver fatto perdere il 4,7 per cento al titolo di Acea con le sue dichiarazioni sul futuro dell’azienda. E di aver fatto declassare l’azienda da parte degli analisti. Non è chiaro se il Pd si imbufalisce di più per il danno provocato alla città attraverso Roma Capitale, proprietaria del 51 per cento dell’azienda idrica, o per quello all’azionista ’amico’, Francesco Gaetano Caltagirone, che ne detiene quasi il 16 per cento ma che ha un cda ’amico’, grazie a nomine gradite, effettuate anche dall’ultimo sindaco Ignazio Marino, che pure con lui aveva avuto molti scontri. Fra gli altri azionisti c’è la Suez Environnement (circa 12,4 %), Norges Bank (circa 2%); il resto sono singoli azionisti. Fatto sta che una reazione così netta alle parole della candidata dimostrano intanto una cosa: che i mercati credono alla vittoria dei grillini nella Capitale. Ci credono e la temono.

La vicenda. Il 20 marzo, a SkyTg24, Virginia Raggi spiega il suo programma sull’Acea: in obbedienza al referendum sull’acqua pubblica del 2011, votato e vinto da 21 milioni di italiani, declama che «con l’acqua non si devono fare profitti», ergo «una cosa che faremo di sicuro è cambiare il management. E inizieremo a fare investimenti sulle reti. Poi capiremo come agire per tutelare la volontà dei cittadini».

«Investire sulle reti» e «tutelare la volontà dei cittadini» devono essere suonate come due bestemmie per chi va a caccia di dividenti, pazienza se il servizio lascia a desiderare. Due giorni dopo, dunque due giorni fa, arriva il picco negativo in borsa, meno 4,7, appena attenuato da un rimbalzo successivo dell’0,8. Ieri il Pd della Capitale scarica addosso al M5S tutta la sua potenza di fuoco. Il candidato Bobo Giachetti twitta. «Si candidano a governare Roma ma pensano di giocare a Monopoli. 71 milioni persi per una frase di Raggi su Acea. Dilettanti allo sbaraglio». Segue valanga. Per il presidente Matteo Orfini si tratta di «frasi a caso e incompetenza», «un pericolo pubblico a 5 stelle». Per altri c’è qualcosa di più. Come per l’ex montiano Andrea Romano, ora front man televisivo del Pd renziano: «Sarebbe auspicabile che intervenisse la Consob». Ancora di più: secondo il senatore Raffaele Ranucci si dovrebbe andare anche oltre la Consob: «Le parole di Virginia Raggi nascondono qualche interesse di Casaleggio volto a penalizzare Acea o solo mera ingenuità? Chiederò al governo di riferire in aula e interesserò l’Authority per la concorrenza per indagare su questa evidente e sfacciata turbativa di mercato».

Raggi si difende come può e come sa, cioè attaccando di nuovo: «M5S difende il bene pubblico e la democrazia il Pd la finanza e Caltagirone», scrive in un post su facebook, e definisce il pezzo del Messaggero «un resoconto, senza capo né coda, commissionato sappiamo benissimo da chi, ovvero da Caltagirone, primo socio privato della multiutility (dove, guarda il caso, siede in cda il figlio Francesco) ed editore dello stesso quotidiano». Conclusione: «Vedete, questo è il primo assaggio di quel che ci aspetterà semmai dovessimo salire al governo della Capitale, ma noi non arretriamo di un centimetro. Del resto, quando pesti i piedi ai poteri forti loro si ribellano e il caso Acea è emblematico».

C’è del vero nelle parole di Raggi? C’è l’intreccio fra l’azionista di Acea e l’editore del giornale romano, il quale da sempre è il grande elettore del sindaco della città. L’alzata di scudi del Pd contro i 5 stelle è senz’altro a difesa degli utili di Roma Capitale, ma fatalmente anche di quelli di Caltagirone. Insomma, spiega Stefano Fassina, candidato per la sinistra al Campidoglio, «non è chiaro se è più grave l’improvvisazione del M5S o la dipendenza del Pd e della Meloni dagli interessi più forti della città. Il valore di una società come Acea si misura con l’andamento del titolo in borsa o sulla qualità dei servizi resi ai cittadini? È evidente che gli azionisti di una società si preoccupano quando si prospetta di dedicare gli utili a investimenti invece che a dividendi, come si preoccupano quando si programma di ridurre le tariffe per fini sociali. E allora? Vuol dire che dobbiamo rassegnarci a rinnegare il risultato del referendum del 2011 e lasciare la gestione dell’acqua pubblica in mano ai privati?»