Luca era seduto al secondo banco. Alle undici nella seconda E della scuola elementare Pessina di Ostuni ieri era l’ora della matematica. Ai ragazzi è stato chiesto di incollare delle schede di matematica nei loro quaderni. Un istante qualunque nella vita di un bambino di sette anni in un istituto riaperto il 7 gennaio dopo quattro anni di lavori. Quattro anni che non sono serviti a niente. Perché alle undici, proprio in questo istante, sulla testa di Luca e del suo compagno di banco, come su quelle degli altri bambini della secondo E, è crollato il solaio. Sei metri di intonaco per uno spessore di tre centimetri.

Luca si è fratturato il naso, una ferita alla testa poi suturata in ospedale. Pochi centimetri accanto a lui c’era la morte: su un banco si è abbattuto con violenza un calcinaccio. «Ho avuto tanta paura – ha detto Luca – ma ora sto molto meglio». Luca e il suo compagno di banco hanno avuto prognosi da 10 e 15 giorni e sono stati sottoposti ad una Tac. Con i genitori ha raggiungendo l’ospedale Perrino di Brindisi dove è stato sottoposto a una visita otorinolaringoiatrica.

Dopo il crollo il maestro della seconda E ha fatto uscire i bambini dall’aula. In quell’istante era in piedi, tranquillo, alla lavagna. E ha solo riportato qualche graffio. Una maestra è rimasta a terra, ferita. Si è precipitata in classe, è scivolata sui pezzi di intonaco, si è fratturata il malleolo. Tra queste scene di guerra, e panico, i 687 bambini della Pessina sono stati evacuati: 462 frequentano la scuola elementare, 225 la materna. In attesa dei genitori, sono stati messi al riparo nella palestra. È sembrato l’unico posto al sicuro quando la normalità può uccidere. La dirigente scolastica, Stella Mingolla, al momento del crollo si trovava a poche aule di distanza. Aveva convocato una riunione sulle gite scolastiche. È stata ascoltata dagli inquirenti.

Man mano che la Pessina veniva raggiunta dai carabinieri, dai vigili del fuoco, dai genitori terrorizzati richiamati al cellulare dalla segreteria d’istituto, la notizia si è diffusa nella città bianca. Qualcuno ha ripescato le affermazioni dell’assessore alle politiche pubbliche di Ostuni, Paolo Pinna, rilasciate il 7 gennaio. Il giorno della riapertura: «L’istituto è completamente funzionante – ha detto – Non ha problemi di sorta, tranne qualche piccolo aggiustamento che verrà fatto in corso d’opera, senza alcun aggravio nell’attività didattica e sicuramente per gli stessi bambini che usufruiscono delle strutture». Quei piccoli «aggiustamenti» potevano costare la vita a Luca. Il sindaco di Ostuni Gianfranco Coppola ha disposto la chiusura dell’istituto a data da destinarsi. Le indagini sono iniziate subito: la polizia, su disposizione del Pm di turno, ha sequestrato la documentazione sulla gara d’appalto per i lavori di ristrutturazione.

E poi c’è la rabbia di chi ha visto i propri bambini sopravvivere per miracolo da un disastro provocato dallo Stato italiano, dal definanziamento dell’edilizia scolastica e dall’incuria con cui procede agli appalti e ai controlli. «È questa la Buona Scuola di Renzi?». «Ora basta, non possiamo temere per la vita dei nostri figli – ha detto un padre – I nostri bambini sono in pericolo. La scuola va chiusa e vanno effettuati controlli a tutti i solai. Non può succedere una cosa simile in una scuola appena ristrutturata!».

Su facebook C.S., una supplente che ha insegnato due mesi fa alla Pessina, anche nella seconda E, ha scritto: «Oggi mi sento una miracolata e mi rendo sempre più conto di quanto sia sottovalutata la messa in sicurezza delle nostre scuole». Anche a scuola si può morire. Di precariato. O per un mattone sulla testa. Una vulnerabilità fatale che colpisce tutti. Nessuno escluso. Poteva essere una strage.