Nel Fujian, nel sud est della Cina, è crollato un hotel che da qualche giorno svolgeva la funzione di quarantena per settanta persone positive al coronavirus. Al momento trentacinque le persone salvate, mentre si lavora alacremente per estrarre altri copri dalle macerie.

Secondo i media di stato cinesi non si conosce ancora la causa del crollo, mentre da Quanzhou, la città dove è avvenuto il crollo, giunge la preoccupazione di altre strutture che svolgono la medesima funzione. Nel Fujian, al momento, i contagiati sono circa trecento.

Proprio nel momento in cui la Cina sembra sollevare la testa, anche a fronte di meno di cento contagi registrati ieri in Hubei, un’altra tegola si abbatte su un paese scosso, nonostante la forza con la quale sta tentando di rimettersi in piedi.

Le ultime notizie – infatti – sembravano dare a Pechino la possibilità di uscire dall’emergenza totale, per cominciare a riaprire le attività produttive (alcune sono già partite, ma altre hanno finto l’apertura tenendo la luce accesa nei capannoni) annunciando anche una generale diminuzione dei casi, pur registrando nuovi contagi a causa degli «arrivi» dall’estero di persone infettate.

Non a caso ieri il ministero dei Trasporti cinese ha chiesto una maggiore attenzione e prevenzione della Covid-19 nei confronti di cittadini di ritorno dall’estero, esortando a predisporre adeguatamente servizi di trasporto speciali. Nel frattempo l’Hubei ha imposto il divieto assoluto di mangiare animali selvatici e prodotti di fauna selvatica per salvaguardare la vita e la salute delle persone.

Lo riferisce l’agenzia ufficiale di stampa cinese Xinhua riportata da Agenzia Nuova: nei report si cita un regolamento deciso dal governo provinciale ed entrato immediatamente in vigore.

Secondo quanto riferito, il regolamento prevede che tutti gli animali selvatici, compresi quelli allevati in cattività e la fauna acquatica rara e in via di estinzione sotto protezione, siano stati inclusi nel divieto.

Nessuna organizzazione o individuo è autorizzato a produrre o elaborare alimenti a base di tali animali. Un segnale che questa volta l’origine animale del virus (secondo l’unanime consenso scientifico, come capitò in occasione della Sars e smentendo dunque qualsiasi ipotesi di complotto) porterà a reali disposizioni legislative e non a semplici inviti ai governi locali.

Da tempo infatti i cosiddetti wet market, dove la fauna selvatica viene venduta e comprata più per la preparazione di medicine tradizionali cinesi che non per finire sulla tavola, sono nel mirino e chissà che il coronavirus non porti alla fine di un business dai numeri piuttosto alti, tra l’altro.

Ieri, infine, i media statali è arrivata la notizia di preparativi piuttosto importanti. Xi Jinping, infatti, la prossime settimana si dovrebbe recare proprio a Wuhan, dopo la visita effettuata in prima battuta dal premier Li Keqiang.