È il settore che permetteva a Renzi e al Pd di poter parlare di crescita. Quello striminzito più un per cento nel Pil 2016 era figlio dell’auto, il settore industriale che si è ripreso per primo. Ora è quello più in difficoltà e sta trascinando al ribasso l’intera produzione industriale.
Si potrebbe sostenere che sia un fenomeno europeo, partito dalla Germania del dieselgate che ha colpito ora anche Fca con gli 800 milioni di dollari pagati all’amministrazione passata nel frattempo a Trump.
E invece le specificità italiane sono tante. E tutte negative. I dati dell’Anfia – l’associazione industriale della filiera auto – sono impressionanti. A novembre 2018 il calo della produzione rispetto a ottobre è stato del 27 per cento, ridotto al 9,5 per cento nel conto annuale rispetto al 2017 pari a 630mila vetture in meno. La produzione dell’industria automotive italiana nel suo insieme registra a novembre 2018 un calo tendenziale – rispetto ai primi 11 mesi del 2017 – del 13,3%, che fa seguito alle flessioni già riportate nei precedenti 4 mesi (-8,9% a ottobre, -4,4% a settembre, -5,5% ad agosto, -5,9% a luglio), come sottolinea il direttore dell’Anfia Gianmarco Giorda.
«Il problema è che le previsioni per il 2019 sono anche peggiori», attacca Michele De Palma, segretario nazionale con delega all’auto della Fiom. E su questo il ruolo del governo è decisivo e fin qui nefasto. Se l’ecotassa sui veicoli inquinanti rischia di diventare il pretesto dato ad Fca per bloccare il piano di investimenti annunciati, il tema di fondo è l’innovazione tecnologica. «Anche se Manley confermerà il piano, Fca è in crisi perché non ha modelli ecologici: per gran parte degli stabilimenti a partire dal polo del lusso di Torino e Pomigliano si preannunciano solo ammortizzatori sociali».
La fermata in Germania intanto ha già avuto conseguenze negative sulla componentistica in Italia, ma il problema è da anni strutturale. «L’assenza del ruolo del governo e di un confronto anche con l’università e le imprese per costruire insieme un quadro in cui riconvertire la filiera dell’auto verso l’innovazione e modelli ecologici in Italia è gravissima e un’anomalia in Europa – osserva De Palma – . Noi possiamo solo trattare con le imprese come abbiamo fatto con la Bosch di Bari che produce pompe diesel, ma senza un quadro di riferimento anche gli stabilimenti Fca di Pratola Serra e Cento sono a rischio chiusura. Le nostre non sono lagne, abbiamo proposte precise per rilanciare le produzioni verdi, ma nessun tavolo su cui discuterle».
Se l’auto arranca, gli autobus spariscono. «Per Industria italiana autobus mercoledì al Mise non si è trovato l’accordo perché l’azienda ha confermato che i tre mesi di cig straordinaria che il governo proponeva non sarebbero bastati per tornare alla produzione, mentre si perdono commesse e si lavora solo in Turchia» , continua De Palma.