Il provvedimento con cui i giudici di Milano hanno tolto a Veronica Lario, ex moglie di Silvio Berlusconi, l’assegno mensile di 1,4 milioni di euro si porta dietro alcune considerazioni sul tenore di vita di cui gode una piccolissima percentuale di privilegiati in Italia e nel mondo. Per dimostrare quali erano gli agi di cui godeva da sposata, e che avrebbe voluto mantenere da divorziata, Veronica Lario ha dovuto elencarli. Crociere di 4 o 5 settimane all’anno ai Caraibi, estetiste, parrucchieri, personal trainer e istruttori a domicilio, 12 domestici per mantenere villa Belvedere e il suo parco, aerei, elicotteri e voli di linea nelle classi top, viaggi dalla Thailandia al Brasile e relativi oneri, 25 addetti alla sicurezza, segretaria, denaro contante per le spese minute, abiti di noti stilisti e via dicendo.

Penso che se una bacia un rospo, gli dedica 25 anni di vita, fa con lui tre figli che alleva, sopporta molti tradimenti e relative umiliazioni e per tutto ciò rinuncia al proprio lavoro, una compensazione sia doverosa anche se nessuno le ha puntato una pistola alla testa per farlo. Ma non è di questo che voglio parlare.
La cosa che colpisce di più è la disparità fra la sovrabbondanza in cui vive una manciata di persone e le rinunce cui sono costretti i molti. Che cosa significa vivere bene? Esistono dei fondamentali al di sotto dei quali nessuno dovrebbe scendere, e cioè avere un posto gradevole dove abitare, diritto all’istruzione e alle cure, cibo sano e variato, tempo da dedicare a sé, ai propri interessi e affetti, avere un ruolo nel mondo, e quindi un lavoro, che permetta tutto ciò senza dover fare i conti della serva. Se questi fondamentali diventano un lusso, ciò che oggi si considera scontato domani diventerà un privilegio, e giù ad abbassare l’asticella delle aspirazioni, in un perverso meccanismo autolimitante dei bisogni, dove chi ieri aveva due oggi si accontenterà di uno, e poi di mezzo, e poi di mezzo del mezzo.

Intanto, nell’Olimpo si vive nella superfetazione di oggetti e servizi perché, tanto per fare qualche esempio, cosa se ne fa uno di 30 ville quando riesce ad abitarne una alla volta? E perché deve esistere chi regala al figlio di 10 anni un rolex d’oro e chi non ha i soldi per mandare i propri ragazzi dal dentista? Perché è possibile che qualcuno, per avere uno straccio di abitazione in periferia, debba caricarsi sulle spalle 30 anni di mutuo e chi sbraca regalando alla figlia per la sua laurea una piccola isola? La risposta è nell’episodio che qui racconto. Un’ amica che aveva appena perso il lavoro chiese a un suo ex direttore, che guadagnava 24mila euro al mese, se le sarebbe cambiata la vita con 2mila euro in meno. La direttora ci pensò un attimo e poi disse «No», ma ovviamente non glieli diede. Riteneva che le persone valessero quanto guadagnano e che quindi è giusto premiare i, secondo lei, migliori. Se non siamo all’eugenetica, poco ci manca.

Chiudo con un’esperienza personale. Anni fa realizzai un’inchiesta in incognito sul lavoro durante la quale fui assunta come cameriera in un albergo 5 stelle. Un mio salario mensile sarebbe bastato a malapena a pagare un pernottamento lì, pulivo bagni e camere che non mi sarei mai potuta permettere. La sera avevo la schiena a pezzi e sognavo un’unica cosa, un massaggio che però mi sarebbe costato quasi come la giornata di lavoro. Per me l’esperienza durò 15 giorni, per le altre sarebbe andata avanti per anni. L’ingiustizia del mondo sta proprio lì, fra chi può concedersi un’ora di benessere senza pensarci e chi vi deve rinunciare anche se ne avrebbe diritto e bisogno. Per il resto, non svendete i desideri.

mariangela.mianiti@gmail.com