L’ha voluto alla guida del Parco dei Nebrodi tre anni fa. Gli è sempre stato vicino, soprattutto dopo le minacce. Dopo l’agguato, fallito, a Giuseppe Antoci, il governatore Rosario Crocetta usa toni decisi. «Non ho mai partecipato al dibattito stucchevole delle parole e dei convegni dell’antimafia, non mi interessa. L’agguato mafioso contro Antoci è roba seria, spero che lo Stato non lo sottovaluti, sarebbe come dare il via libera a una nuova stagione stragista». Perché, per Crocetta, il movente è evidente, «sta negli affari delle famiglie mafiose tortoriciane, alleate con il clan dei Santapaolo di Catania e la ’ndrangheta, che per anni hanno fatto affari con i terreni agricoli pubblici, concessi in passato da alcuni enti senza gara e senza controlli». «La mafia», incalza Crocetta «ha alzato il tiro perché il Parco, applicando il protocollo di legalità, ha revocato e sta revocando concessioni rilasciate in modo allegro, così come sta facendo anche l’Ente di sviluppo agricolo».

Il sistema rodato negli anni e ben saldo nelle mani dei sodalizi mafiosi ha cominciato a vacillare sotto i controlli antimafia sulle concessioni e sui requisiti dei beneficiari. Mettendo a repentaglio un business che, secondo il senatore Beppe Lumia (Pd) che ha depositato due interrogazioni parlamentari, ammonterebbe a oltre 1 miliardo di euro. A fronte di una spesa di 30 euro ad ettaro per un terreno pubblico destinato a pascolo, chi ottiene la concessione dagli enti può ricevere un contributo di circa 3 mila euro a ettaro. Un business enorme, dice Crocetta, che si è retto per decenni nell’assenza di controlli. Adesso l’attentato ad Antoci porta alla ribalta un fenomeno su cui da almeno due anni lavora il Parco dei Nebrodi insieme ad alcuni sindaci che hanno scelto la strada della battaglia contro le cosche. Una situazione incandescente, tanto che per il governatore «alla mafia che alza il tiro con l’attentato vile al presidente del Parco, lo Stato ora deve reagire in modo adeguato rispondendo in maniera netta alla guerra dichiarata dalle cosche».

Alla decisione del comitato per l’ordine e la sicurezza che, come ha riferito il ministro dell’Interno Angelino Alfano, ha subito potenziato la scorta ad Antoci, Crocetta risponde invocando l’invio dell’esercito nell’area dei Nebrodi e di reparti speciali delle forze dell’ordine «per procedere con perquisizioni a tappeto nelle campagne, nei casolari, nelle zone montane, come ai tempi del sequestro Moro e dei Vespri siciliani» per «scovare, sequestrare e confiscare i beni dei mafiosi liberando i cittadini dal gioco di questi clan senza scrupoli». Annuncia che sabato prossimo, insieme con Lumia e altri sindaci dei Nebrodi, sarà a Cesarò e a Tortorici «per fare in piazza i nomi e i cognomi dei mafiosi. Io non faccio la guerra alla mafia e la mafia che ha deciso di farmi la guerra quando da sindaco di Gela ho riportato la legalità nella gestione degli appalti; io certamente non mi tiro indietro e faccio le mie denunce dettagliandole, non a parole».

E incalza poi chi «guarda solo alla mafia dei colletti bianchi che fa affari con gli appalti grazie alla corruzione e alle connivenze di massoni, politici e imprenditori deviati» e «non si rende ancora conto che esiste anche una mafia spietata e stragista che soffoca le campagne e le montagne». È la mafia «di chi in un bar pesta il piede a una persona e pretende le scuse, è la mafia che mostra il suo volto e che opera in quei territori dove lo Stato è rappresentato dalla piccola stazione dei carabinieri». È una mafia, prosegue, «che fa affari con i pascoli frodando l’Ue, che commette abigeato, che fa le estorsioni imponendo agli agricoltori il prezzo dei raccolti, che macella in strutture clandestine e immette nel mercato anche carne di animali malati». E rivela che «è in corso un’inchiesta sulla macellazione clandestina e sulle compiacenze di alcuni veterinari del sistema Regione». Strali rivolti anche contro alcuni notai «che firmano atti per contratti in usucapione di terreni pubblici sapendo di non poterlo fare perché la legge non lo consente».