Un «teorema», con aspetti «di pura fantasia». Rosario Crocetta non ci sta a passare come il presidente del «governo parallelo», la cricca che avrebbe condizionato i suoi cinque anni di amministrazione della Regione, con la regia occulta di Antonello Montante, l’ex presidente della Confindustria siciliana arrestato dalla squadra mobile con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Per l’inchiesta della Dda di Caltanissetta, l’intera legislatura sarebbe stata gestita nell’ombra dai vertici industriali che avrebbero imposto scelte, uomini e pilotato affari.

L’ex governatore è indagato per finanziamento illecito dei partiti e concorso in associazione a delinquere finalizzato alla corruzione. In attesa di parlare con i magistrati che lo sentiranno probabilmente a fine mese, Crocetta respinge l’accusa di avere fatto parte o favorito un «sistema di potere» come contropartita per avere ricevuto almeno un milione di euro di fondi neri versati da un gruppetto di imprenditori per finanziare la campagna elettorale che nel 2012 gli fece vincere le elezioni alla Regione. E ribatte punto su punto alle accuse che gli sono state mosse nell’avviso di garanzia che gli è stato notificato. A cominciare dal presunto «video scabroso» sulla sua vita privata di cui si parla almeno da cinque anni negli ambienti politici, uno degli elementi citati nell’atto di comparizione di cui non c’è traccia però nella misura cautelare firmata dal gip, con cui sono stati disposti gli arresti domiciliari per Montante, uomini dei servizi segreti, dei carabinieri, della guardia di finanza e della polizia.

Una trentina di indagati, tra cui il senatore Renato Schifani. «Mi dipingono come una porno star, come se fossi Rocco Siffredi. Ma dov’è questo video? La verità è che non esiste, io vivo blindato da quando ero sindaco a Gela, nella mia casa ci sono telecamere ovunque e gli uomini della scorta mi hanno sempre seguito anche quando andavo in vacanza qualche giorno: è una bufala come al solito per denigrare la mia omosessualità. E’ falso, come falsa è stata la notizia dell’intercettazione pubblicata da l’Espresso in cui avrei sentito la frase contro Lucia Borsellino», attacca Crocetta. Sostiene di essere stato «messo in mezzo» a una vicenda «che non mi riguarda: lo scontro interno a Confindustria in Sicilia, ma sono fatti che attengono all’associazione non a me».

Sui rapporti con Montante, chiarisce: «E’ vero, nel 2012 ho fatto l’accordo politico con Confindustria, ma era l’associazione che stava combattendo contro la mafia». E incalza: «Persino Claudio Fava dichiarò all’epoca che in Sicilia bisognava fare alleanze con Antonello Montante e Ivan Lo Bello impegnati nella lotta al racket delle estorsioni, battaglia sostenuta anche da ministri e magistrati». Nega di avere preso fondi neri. «In genere servono per comprare voti – dice – e io non ho mai pagato nessuno in vita mia». «I contributi che ho ricevuto, roba da 5 mila euro, sono arrivati da imprese di Gela, tutto tracciato e in regola con la legge. Se poi queste imprese aderivano a Confindustria non lo so, so invece che Sicindustria non mi ha dato un euro», respingendo così l’accusa di avere ricevuto un milione di euro da quattro imprenditori: 200 mila euro l’uno da parte di Montante, Giuseppe Catanzaro, Carmelo Turco e Rosario Amarù, tutti indagati nell’inchiesta della Dda nissena.

L’ex presidente aggiunge di non avere fatto favori alla cricca. «Fu il mio governo a bloccare l’operazione di vendita dell’Ast alla Jonica trasporti dove Montante era socio, fu pure condannato a pagare le spese legali – sottolinea – E fui io a fare chiudere per tre mesi la discarica di Siculiana di Catanzaro perché non si adeguava alle prescrizioni durante l’emergenza rifiuti, creandogli un danno per 10 milioni di euro». Falsa, secondo l’ex governatore, è anche l’ipotesi sull’influenza di Montante nelle scelte del suo governo.

«Quando feci l’accordo politico con Confindustria, Linda Vancheri (indagata nell’inchiesta), che lavorava nell’associazione di Caltanissetta da dove era partita la svolta antiracket, entrò in giunta in quota industriali con la delega alle Attività produttive – ammette – mentre Mariella Lo Bello (indagata anche lei) all’Ambiente in quota Cgil e di una corrente del Pd. Quando Vancheri decise di andarsene, contro la mia volontà perché volevo che seguisse l’Expo sino alla fine, fui io a nominare Lo Bello alle Attività produttive e senza indicazione di Montante».

Un assist a Crocetta arriva inaspettato da Nello Musumeci. «Bisogna sempre essere attenti a non sbattere il mostro in prima pagina», sostiene il presidente della Regione. Anche se sulla stagione della Confindustria antimafia aggiunge: «Sono stato l’unico politico che in aula è andato in tribuna e ha denunciato la mafia dell’antimafia nel silenzio generale della stragrande maggioranza del Parlamento».