È un voto dall’esito incerto quello che attende 3.8 milioni di croati, chiamati oggi al voto per eleggere 151 deputati del Parlamento. A contendersi la maggioranza relativa dei seggi i conservatori dell’Unione democratica croata (Hdz), guidata dal premier Andrej Plenkovic, e i socialdemocratici dell’Sdp di Davor Bernardic, alla testa di una coalizione di centrosinistra, Restart, che raggruppa il Partito contadino croato (Hss), il Partito croato dei pensionati (Hsu), e altre due formazioni centriste, Snaga e Glas.

Alla vigilia del voto i sondaggi segnalano la rimonta della coalizione di centrosinistra a cui andrebbero 60 seggi. A seguire l’Hdz che secondo le proiezioni riuscirebbe ad eleggere 54 deputati.

A pesare sulla formazione della futura maggioranza saranno i partiti che si collocano alla sinistra della coalizione Restart e alla destra dell’Hdz, insidiati rispettivamente da Mozemo, coalizione di sinistra ecologista, e dai sovranisti del Movimento patriottico, guidato dall’ex cantante folk Miroslav Skoro.

Se da sinistra proviene la novità di questa tornata elettorale, è a destra che si gioca la vera partita. Mozemo, che si presenta agli elettori come l’alternativa a un Sdp sempre più schiacciato su posizioni centriste, ha visto crescere i consensi soprattutto negli ultimi mesi, quando si è acceso il dibattito sulla ricostruzione di Zagabria, colpita dal terremoto a marzo. La sfida per Mozemo, che pesca soprattutto nell’elettorato della capitale, sarà di posizionarsi negli anni a venire anche a livello nazionale.

Più insidioso invece il Movimento patriottico di Skoro, l’Orbàn croato, che punta ad intercettare quel segmento di elettori insoddisfatti dell’adesione all’Ue, avvenuta appena sette anni fa. Una scelta rivelatasi vincente alle presidenziali di dicembre, quando si è piazzato terzo con il 24% dei voti.

L’affermazione elettorale di Skoro aveva avuto riflessi anche sul dibattito interno all’Hdz, diviso tra una fazione più moderata, guidata da Plenkovic, e da un’altra più estrema, rappresentata dall’ex ministro degli Esteri Davor Stir.

La sconfitta a sorpresa del capo di Stato uscente Kolinda Grabar-Kitarovic, candidata dell’Hdz, ha aperto una resa dei conti interna al partito in cui a spuntarla è stato nuovamente Plenkovic. Eppure nella composizione delle liste elettorali il premier croato ha imbarcato un numero considerevole di esponenti della corrente avversaria per timore di perdere voti a destra.

Per recuperare quella fetta di elettorato l’Hdz – che fu il partito di Franjo Tudjam, il leader nazionalista della sanguinosa guerra interetnica degli anni Novanta – si è lanciata poi in una campagna dai toni patriottici, sostenendo tra l’altro che ogni voto espresso per i sovranisti di Skoro sarebbe stato un punto a favore dell’Sdp. Ma un’eventuale debacle dell’Hdz e una buona performance dei sovranisti di Skoro finirebbero per ridefinire gli equilibri nel partito di Plenkovic, stavolta a danno dell’ala moderata. Scenario che si verificherebbe anche se l’Hdz, pur vincendo, fosse costretta a formare il governo con l’ex cantante folk, ipotesi caldeggiata dalla Chiesa cattolica.

Dal canto suo Skoro ha lanciato dei chiari messaggi in questa direzione, a condizione che però Plenkovic non ricopra la carica di primo ministro.

A complicare il quadro, c’è la situazione di incertezza provocata dalla pandemia ed è su questo che fanno leva i due partiti principali, l’Sdp e l’Hdz. Negli ultimi anni infatti si è registrata una graduale erosione del bipolarismo dovuto alla polarizzazione del dibattito politico interno.

La tendenza però potrebbe essere interrotta proprio a causa dell’emergenza sanitaria in corso e della crisi economica che ne deriverà. L’aumento della disoccupazione e la previsione del crollo del Pil del 9% potrebbero infatti spingere gli elettori a non imbarcarsi in avventure politiche e a rifugiarsi in un’«offerta» all’insegna della continuità. Ed è questo l’asso nella manica che Plenkovic è intenzionato a giocare per arginare la crescita di Skoro. E chissà che il voto di oggi non segni la prima battuta d’arresto per i sovranisti d’Europa.