Ieri a Minsk si è riunito il gruppo di contatto del Formato Normandia (Francia, Russia, Ucraina e Russia) che dovrebbe implementare gli accordi di pace di Minsk. Ma di passi avanti non se ne sono visti. Anzi. La Russia ha chiesto ufficialmente un’ «indagine internazionale imparziale sulle responsabilità dell’omicidio di Alexander Zacharchenko» l’ ex presidente della Repubblica del Donbass. Come era prevedibile è arrivato il niet di Kiev e il silenzio dissenso dei partner occidentali.

Già la sera però prima Sergey Lavrov, il ministro degli esteri russo, in una intervista in prima serata alla Tv russa aveva seppellito gli accordi di Minsk. «Non rifiutiamo di principio il Formato Normandia, però ormai è diventato perlomeno inadeguato, soprattutto dopo che né Berlino né Parigi hanno espresso la loro condanna per l’assassinio politico avvenuto a Donetsk. Poi né Berlino né Parigi riescono a influenzare il presidente ucraino Petr Poroshenko. È da più di anno che continua a prendere tempo».

Per Lavrov allo stato dell’arte l’unico Stato che può influenzare l’Ucraina sono gli Stati Uniti. Una tesi sostenuta da sempre da Vladimir Putin che ripete da tempo l’offerta allo staff di Trump di partecipare direttamente alle trattative. Ma gli Stati Uniti sembrano aver ben altri piani nella regione. «L’esercito ucraino sta ammassando le proprie forze sulla linea di confine del Donbass. Abbiamo informazioni. E di recente gli americani hanno hanno inviato lì munizioni e armi, e non solo armi leggere. Sono nella zona presenti, oltretutto, un gran numero di istruttori provenienti da Stati Uniti, Canada e altri paesi occidentali» ha accusato Lavrov nell’intervista. La stessa dinamica, secondo il plenipotenziario russo, sarebbe in corso in Ossezia del Sud sul territorio georgiano «e tutto ciò aumenta il rischio di scontri militari».

L’irrigidimento del Cremlino sul Donbass si basa anche su altre considerazioni. I funerali di Zacharchenko a Donetsk con i suoi 100mila partecipanti «sono stati un referendum popolare a favore della Repubblica Popolare» commentava significativamente due giorni fa Vedemosti, giornale liberal da sempre non affine alle posizioni delle «repubbliche ribelli» e allo stesso Putin. Un sentire bipartisan che, con la mai sopita simpatia della maggioranza dei russi per la “Malorossya” (La Piccola Russia) a Mosca deve essere tenuto in conto.

Inoltre tutti i tentativi fatti da Angela Merkel e Vladimir Putin nell’ultimo anno e mezzo per presentare all’Onu una risoluzione affinché vengano dislocate forze di interposizione Osce ai confini e su tutto il territorio del Donbass ha sempre trovato la netta opposizione di Kiev, la quale invece chiede a gran voce che le truppe vengano dislocate anche ai confini tra la provincia di Rostov sul Don e quella di Donetsk. Proposta irricevibile per Donetsk: sigillati i confini con l’Ucraina e venuto a mancare dall’inizio della guerra l’aeroporto civile, il confine russo resta l’unico contatto con il mondo esterno per la popolazione della regione.