Senza più la «testa» politica, con i commissari incaricati di tenere in vita ciò che rimane del «corpo» elettorale. Ventiquattro ore dopo l’auto-decapitazione della Spd, la Germania si risveglia con la socialdemocrazia disarticolata nel profondo dell’anima.
Le dimissioni di Andrea Nahles da segretaria, capogruppo, semplice deputata, annunciate domenica sono deflagrate come una bomba non solo nel partito precipitato al minimo storico dei consensi.

L’EX LEADER socialdemocratica paga personalmente il conto del clamoroso 15,8% sancito dalle urne europee, e ancora più l’incredibile sorpasso dei Verdi che nel sondaggio di tre giorni fa – per la prima volta – hanno superato perfino la Cdu guidata da Annegret Kramp-Karrenbauer.

All’orizzonte della Volkspartei si profila il commissariamento pro-tempore affidato al trio composto dalla governatrice del Mecleburgo-Pomerania, Manuela Schwesig, dalla prima ministra della Renania-Palatinato, Malu Dreyer, e dal presidente della Spd dell’Assia, Thorsten Schäfer-Gümbel. Con conseguenze destinate a ripercuotersi sull’intero arco politico-istituzionale della Bundesrepublik.

L’Union cristiano-democratica, per adesso, assicura di non volere rompere la «solida alleanza» di governo con la Spd, ma la Grande coalizione di Angela Merkel traballa come non mai rischiando, davvero, di non avere più i numeri per completare il mandato la cui scadenza naturale è prevista nel 2021.

Di fatto, il governo rosso-nero si ritrova sempre più isolato, schiacciato tra i banchi della maggioranza (che nel Paese non c’è più) e le fila della crescente opposizione al Bundestag.

I VERDI, balzati al 27% nell’ultima rilevazione dell’istituto “Forsa” (nove punti in più dell’esito elettorale) chiedono il ritorno anticipato alle urne «se al governo mancano le forze» come riassume la co-segretaria Annalena Baerbock; mentre i socialdemocratici della Sassonia-Anhalt fanno sapere, senza i tradizionali giri di parole, che l’unica soluzione per salvare il salvabile è l’uscita dalla GroKo con Cdu e Csu.

Decisione nevralgica per la Spd e il governo: i tre commissari dovranno assumerla «entro tre settimane», ben prima dell’elezione del nuovo segretario che non sarà (secondo le dichiarazioni ufficiali) Schwesig o Dreyer, e difficilmente potrà coincidere con l’attuale vice-cancelliere Olaf Scholz, dato che il ministro delle finanze è ritenuto troppo connesso con la gestione di Nahles.

Esattamente al centro di questa cornice si consuma la carriera politica della prima donna a capo del partito socialdemocratico dalla data della fondazione.

CALENDARIO alla mano, la «storica» presidenza di Nahles è durata appena un anno, undici giorni e quattro ore. Colpa del maxi-flop alle Europee, del crollo di consensi nella roccaforte Brema e, soprattutto, della lotta intestina alla Spd che dai tempi di Sigmar Gabriel brucia il futuro di chiunque venga eletto alla guida del partito.

Per questo motivo tra i socialdemocratici adesso spunta l’ipotesi della doppia-guida: come nei Verdi e nella Linke con cui la Spd governa la Turingia e il Land di Berlino. Non a caso l’inedito schema politico viene rilanciato proprio dal sindaco della capitale, Michael Müller, convinto che sia «qualcosa che funziona bene».

DIVISIONE DI POTERE e responsabilità appoggiata in pieno anche dal ministro degli esteri, Heiko Maas. Ieri nella riunione della dirigenza Spd ha suggerito il rapido «passaggio alla conduzione duale» prevedendo per gli aspiranti segretari il superamento del vaglio degli iscritti.

«Abbiamo bisogno di una nuova leadership che possa godere del più ampio sostegno possibile da parte dei nostri militanti». Un modo per recuperare la “base” impossibile da accontentare con la semplice sostituzione di Nahles, la quale a breve dovrebbe abbandonare anche il seggio in Parlamento ritirandosi «per sempre» dalla politica attiva a livello federale.

Eppure, più che i nomi «nuovi» e la co-gestione della sala di comando, per la Spd sarà fondamentale l’annunciato cambio di indirizzo politico alla luce dei «problemi» certificati dall’analisi dei flussi elettorali.

Urge anzitutto la svolta verso la «rivoluzione ecologista» misurabile con cadenza settimanale nella massa di tedeschi che continuano ad affollare i Friday For Future.

Ancora prima il recupero dei giovani nella fascia 18-30 anni che, come non si stanca di ripetere leader degli Jusos, Kevin Kuhnert, «ormai hanno smesso di votare Spd se non nel 10% dei casi».