Una settimana fa l’intera esperienza della Geringonça, come informalmente viene definito il governo socialista appoggiato dai partiti della sinistra portoghese, sembrava avere le ore contate.

Oggetto del contendere una misura, approvata il 2 maggio scorso in Commissione parlamentare di educazione e scienza, che portava da 2 a nove gli anni di riconteggio degli scatti di anzianità degli stipendi della carriera dei professori. A favore un’inedita maggioranza formata dai partiti dell’estrema sinistra – Bloco de Esquerda (Be) e Partido Comunista Português (Pcp) – e del centro-destra – Partido Social Democrata (Psd) e Centro Democrático Social / Partido Popular (Cds/Pp) – contro il Partido Socialista (Ps) che lamenta il tradimento degli alleati.

Nella mattinata del giorno successivo António Costa convoca i suoi principali ministri e collaboratori per discutere delle strategie future. La riunione, a porte chiuse, non impedisce che circolino indiscrezioni su possibili dimissioni, ipotesi rafforzata dalla notizia dell’incontro fissato nel pomeriggio con il presidente della repubblica Marcelo Rebelo de Sousa.

Durante la conferenza stampa che segue Costa minaccia esplicitamente un ritorno alle urne nel caso in cui l’Assembleia da República, in plenario, avesse confermato quanto approvato in Commissione. Crisi aperta e governo in bilico fino al 10 maggio. L’aut aut a comunisti e blocchisti era chiaro, inequivocabile e, soprattutto difficile da accettare senza che queste ne risultassero delegittimate di fronte al proprio elettorato.

Passati sette giorni, ieri pomeriggio, l’appuntamento più atteso, il provvedimento sugli scatti di anzianità viene definitivamente respinto. Tutto risolto? Apparentemente sì, ma la questione è meno lineare di non quanto possa apparire a un primo sguardo. A votare contro il Ps, come era facilmente prevedibile. Meno prevedibile era il fatto che a dare una mano all’esecutivo fossero le formazioni di centro-destra, temporanee alleate dei socialisti, in nome del contenimento delle spese di bilancio. A favore dell’aumento Be e Pcp, che, pur se sconfitti, possono comunque dire di avere mantenuto la posizione iniziale rifiutandosi di cedere all’aut aut di Costa che, dal canto suo, senza polemizzare ulteriormente, si limita a ringraziare il Parlamento e a chiudere, almeno apparentemente, l’intera faccenda. Ma in realtà i nodi di fondo che hanno portato a un contrasto molto duro non sono stati risolti. Tra i tanti uno su tutti: l’ossessione per il deficit che avvicina centro-destra e centro-sinistra. Il contenimento delle spese di bilancio infatti, che in questi quattro anni ha raggiunto livelli record annullando di fatto il disavanzo tra le entrate e le uscite, non è mai stato messo in discussione, né, peraltro, l’Unione europea l’avrebbe mai permesso. Gli scatti di anzianità sono solo la punta di un iceberg che vede divisa la politica portoghese – e non solo – nei suoi assi più tradizionali: sinistra radicale da una parte, favorevole a misure espansive, socialisti e centro-destra dall’altra, strenuamente contrarie.

Le ferite aperte la scorsa settimana devono essere quindi interpretate come un segnale di un qualche cosa di più significativo di un semplice temporale primaverile che mina in profondità una possibile riedizione per la prossima legislatura della Geringonça. Al momento nessuno – media e politica – sembra volere enfatizzare troppo la spaccatura, tutto rimandato a ottobre prossimo quando sarà necessario intavolare negoziazioni per un nuovo governo e solo allora, le scelte di politica economica, torneranno a essere dirimenti in un contesto di minore crescita.