«Queste morti potevano essere evitate poiché se ci fossero stati i controlli delle 12.000 unità tra guardia nazionale, elementi della polizia federale, statale e dell’istituto di immigrazione, il convoglio sarebbe stato fermato e avremmo parlato di lotta al traffico di esseri umani», dice Fernando Castro Molina, consulente migratorio guatemalteco, in merito all’«incidente» che in Chiapas è costato la vita ad almeno 55 migranti il 9 dicembre scorso. Una tragedia annunciata?

SÌ, LA PENA COSÌ anche Guillermo Yrizar Barbosa, direzione dell’istituto dei Diritti Umani Ignacio Ellacuria S.J. dell’Università Iberoamericana di Puebla (Messico): «Purtroppo abbiamo un governo che ha optato per il contenimento dei flussi migratori, per una politica migratoria militarizzata, per pratiche che criminalizzano i migranti. Il tutto sotto un discorso pseudo-umanitario».

Secondo Barbosa «se il presidente López Obrador e i politici, ad ogni livello, vogliono davvero evitare questo tipo di incidenti, tragedie e pagine nere nella storia delle migrazioni umane in Messico, dovrebbero mettere al centro i diritti umani e la dignità dei migranti, dovrebbero regolarizzare e non criminalizzare, dovrebbero optare per il dialogo e insieme ad atri settori della società messicana pensare a modi per integrare, accogliere, proteggere, per cogliere la migrazione come opportunità, favorendo ospitalità e diversità».

GUILLERMO YRIZAR BARBOSA ricorda che «le leggi migratorie a livello federale e continentali, sembravano in via di miglioramento attorno al 2010-11. Ma non è stato così. Le leggi e le politiche migratorie a livello nazionale e statale dovrebbero essere armonizzate con quanto viene discusso, sia a livello globale che locale, in forum o incontri dove la migrazione è riconosciuta come condizione umana storica e come fenomeno in trasformazione e quindi dinamico. Non come un problema».

Ora, secondo Molina il passaggio «dall’inasprimento del clima imposto da Trump alla flessibilità teorizzata da Biden» è causa di «una crisi migratoria come non si vedeva da 20 anni. Gli Stati uniti dovrebbero rilasciare 50 mila visti di lavoro annuali per ogni paese del Triangolo Nord del Centro America». Per il consulente migratorio «la compiacenza dei governi messicani e guatemaltechi verso gli Stati uniti è deplorevole. La migrazione è un fenomeno che riguarda Usa, Messico e Guatemala. Si deve generare sviluppo sostenibile nel triangolo nord mentre i governi Usa vedono nella migrazione il flusso di “schiavi” per sostenere l’economia del paese».

Barbosa aggiunge che in Messico «abbiamo un Presidente che non sa molto della questione migratoria e preferisce la via facile, cioè accettare la pressione internazionale e perseverare con un discorso nazionalista che emargina i “non messicani”, dove l’esercito svolge molteplici compiti al posto dello Stato, compreso quello di farsi muro contro le migrazioni e così dando forza alla campagna di Trump e i suoi strepiti da suprematista bianco, razzista e xenofobo».

Oltre Trump serve ricordare che «la repressione dei migranti e la militarizzazione dei confini messicani, sia a nord che a sud, è possibile per la combinazione tra un elettorato polarizzato (negli Usa) incapace di riconoscere una responsabilità storica nelle cause strutturali della migrazione forzata dal Centramerica – ma che beneficia di una forza lavoro immigrata sfruttabile a basso costo – e i governi, come quello messicano, che hanno ignorato, volontariamente, le lotte delle comunità migranti e molti anni di produzione di ragionamenti e proposte politiche».

TRA 2020 E 2021 gli Stati uniti hanno registrato 1,7 milioni di ingressi illegali attraverso il confine sudoccidentale. Joe Biden, ha incaricato Kamala Harris di supervisionare gli sforzi di Guatemala, Honduras, El Salvador e Messico per eliminare le “radici” dell’esodo verso il nord: la povertà estrema, estrema violenza, corruzione e impatto del cambiamento climatico.

«Ma oggi è la corruzione a privare le popolazioni dello sviluppo. Se non cambiano la mancanza di lavoro, educazione e assistenza sanitaria, aumenterà l’immigrazione verso gli Stati uniti» sostiene Fernando Castro Molina, che però vuole essere positivo e dice che qualcosa potrebbe migliorare «se il sostegno al programma di sviluppo integrale fosse effettivamente realizzato con l’elargizione di 45 miliardi di dollari in 5 anni e l’implementazione dei previsti 5 programmi e 114 progetti. Così si potrebbe rallentare la migrazione ed evitare il fallimento del piano Prosperity Alliance».

MA «LA RICERCA DELLA VERITÀ, della giustizia, dei diritti, dell’ospitalità e di un’accoglienza dignitosa per le persone migranti – conclude Barbosa – comporta la trasformazione di sistemi e strutture economico-sociali che oggi escludono ed emarginano famiglie e lavoratori che cercano migliori opportunità di vita».