Di recente su queste pagine Marco Bersani ha scritto «Quanto tempo dovrà passare prima che la Sindaca di Roma Virginia Raggi avvii in forma partecipativa la ripubblicizzazione del servizio idrico, togliendolo dagli interessi dei Caltagirone e di Suez? O che la Regione Lazio approvi i decreti attuativi di una legge d’iniziativa popolare approvata ormai tre anni or sono?».
E sempre su queste pagine, in merito all’emergenza idrica nel Lazio, Paolo Carsetti in un’intervista ha affermato che la holding non migliora la rete, perché deve dare dividendi, e da quando i privati sono entrati in Acea le perdite nelle tubazioni aumentano e gli investimenti non decollano.

In questo quadro emergenziale, com’è noto il governatore Zingaretti, lanciando l’allarme della catastrofe ambientale per danni irreversibili all’ambiente, ha bloccato la vampirizzazione delle riserva del lago di Bracciano e Roma a fine mese dovrà limitare l’erogazione. Questo è il quadro, che dimostra come il governo e la gestione delle risorse idriche nel nostro Paese, a parte lo sprovveduto e cinico processo di privatizzazione, che continua indifferente rispetto ai risultati referendari del 2011, si esprima prevalentemente secondo logiche geo-politiche, al di là delle peculiarità geomorfologiche dei territori e dei loro delicati rapporti con le fonti idriche. Cosa si può e si deve fare velocemente nella Regione Lazio, a parte provvedimenti d’emergenza? Innanzitutto approvare la legge attuativa della legge di iniziativa popolare: la n. 5 del 2014. Occorre una legge che, appunto al di fuori delle logiche commerciali e geopolitiche, si ispiri realmente ai principi di tutela dell’ambiente e del territorio, prevedendo la ripartizione territoriale in bacini idrografici, organizzando il servizio idrico integrato nella Regione Lazio sulla base di più ambiti territoriali ottimali (principio pluralistico degli ambiti).

Capisco che la ripartizione in più ambiti vada contro progetti affaristici di concentrazione monopolistica dei processi industriali, ma risponde ad esigenze di ripartizione del territorio che tengano conto della fisiologica esistenza e valorizzazione di più bacini idrografici. Si potrebbe dire che, nella consapevolezza di dover governare e gestire risorse naturali quale l’acqua, bene comune per eccellenza, la ripartizione del territorio in più bacini idrografici risponde a logiche di geografia fisica, piuttosto che di geografia politica.

Questa legge va approvata subito, per garantire il deflusso necessario alla vita negli alvei a salvaguardia permanente degli ecosistemi interessati, attraverso un governo pubblico e partecipativo della gestione delle acque. Tra i suoi obiettivi immediati il conseguimento dell’equilibrio idrogeologico del suolo, contrastando il rischio di frane ed alluvioni nonché il processo di desertificazione, in grado di garantire un uso della risorsa rispettoso dei criteri di sostenibilità, solidarietà, trasparenza, equità sociale ed efficacia.

Occorre una legge che garantisca i principi di partecipazione diffusa e di effettiva democrazia locale e di prossimità; proprio per evitare il disastro politico ed ambientale di Bracciano, è necessario che la legge preveda che tutti i comuni ricadenti nel territorio degli ambiti territoriali ottimali, partecipano, attraverso i loro sindaci, obbligatoriamente, all’autorità di governo dell’ambito territoriale ottimale, anche al fine di predisporre, approvare e aggiornare il piano d’ambito ed effettuare la programmazione delle infrastrutture. Ma è necessario altresì, sempre in una logica di rispetto e tutela delle peculiarità geomorfologiche dei singoli territori, che nell’ambito territoriale di ciascun ambito ottimale, sia data facoltà, ai comuni di costituire, con apposita convenzione di cooperazione sub ambiti. L’uso razionale e sostenibile delle risorse, vero antidoto delle emergenze, si persegue anche in una logica di ripartizione del territorio in più bacini idrografici, aumentando il rapporto con i territori e le comunità locali, nel rispetto dei principi della democrazia locale e della partecipazione. E proprio l’assenza di trasparenza e partecipazione, oltre ad una logica di concentrazione del processo decisionale, sono state tra le cause dell’emergenza idrica del Lazio.
Infine, nella legge, che mi auguro la Regione Lazio approvi quanto prima, ai comitati e alle associazioni dovrà essere riconosciuto il diritto di partecipare alle assemblee di ambito ed alle assemblee di territorio (sub ambiti), al fine di discutere le questioni attinenti al ciclo integrato delle acque. Queste sono le linee guida che, se recepite nel testo legislativo regionale, potranno contribuire a fronteggiare realmente il ripetersi di altre situazioni come quella che sta vivendo in questi giorni la Regione Lazio.