Il timone della portacontainer Ever Given ha cominciato a muoversi, dopo la rimozione di 17mila metri cubi di sabbia (l’87% di quella nelle vicinanze della nave). Lo ha annunciato ieri l’autorità egiziana che gestisce il Canale di Suez, completamente bloccato dalla nave della compagnia taiwanese Evergreen Marine. Lunga 400 metri e larga 59, dal 23 marzo impedisce il flusso commerciale da e verso il Mar Rosso. A provocare l’incidente sarebbero stati i forti venti e una tempesta di sabbia che ha mandato in tilt il sistema di navigazione.

Il Canale – da cui passa il 12% del commercio mondiale, l’8% del gas naturale liquefatto e un milione di barili di greggio al giorno – è ancora inutilizzabile e non poche navi in attesa di transitare hanno preferito ripartire, sperando di bypassare anche le perdite miliardarie che ogni giorno si accumulano sulle singole compagnie ma anche sull’Egitto.

E se ieri i social continuavano a dar conto del blocco (l’account Guy with the Digger at Suez Canal, dedicato all’operaio alla guida della minuscola scavatrice che tentava di disincagliare la mastodontica portacontainer, ha già decine di migliaia di follower), dopo la Turchia a farsi avanti sono stati gli Stati uniti: oggi la Marina Usa invierà una squadra esperta in operazioni di dragaggio. Il Cairo ha accettato l’offerta.

Intanto un’altra tragedia colpiva il paese: era di 32 morti e 108 feriti ieri sera il bilancio delle vittime di una collisione tra due treni nel sud dell’Egitto. Secondo le autorità ferroviarie «individui non identificati» hanno tirato il freno di emergenza del primo treno, che è stato colpito da quello successivo.

In Egitto tragedie simili sono molto comuni a causa di infrastrutture vecchie e mai rimesse a nuovo. Le linee utilizzate da pendolari e classi basse non sembrano rientrare nei mega progetti del regime di al-Sisi. Come l’alta velocità: quattro linee da 23 miliardi di dollari per collegare la nuova capitale New Cairo al Mar Rosso e ad Al-Alamein.