Mentre la maggioranza si lacera, con Renzi e i ministri di Italia viva che mitragliano il Dpcm usando toni e argomenti non diversi da quelli dell’opposizione e con Zingaretti che replica furioso definendo «eticamente intollerabile tenere il piede in due staffe», il capo dello Stato tenta un sonoro richiamo all’ordine. Il presidente non è tipo da alzare la voce. La pacatezza della forma rischia però di nascondere la durezza dei contenuti, che ieri era estrema, tanto da rivelare quanto sia alto il tasso di preoccupazione sul Colle. Il presidente punta l’indice: «Si sentono voci che spingono a comportamenti irresponsabili e sospingono quanti vogliono sottrarsi alla responsabilità collettive». Segue una raccomandazione precisa: «In questa emergenza è bene che le squadre dialoghino. È tempo di collaborazione e di alleanze, non di egoismi».

SE IL PRESIDENTE ARRIVA a una denuncia tanto esplicita è perché al Quirinale l’allarme è rosso. La reazione del Paese all’ultimo Dpcm, di rigore inferiore a quanto considerato necessario dai consiglieri scientifici, è una crema impazzita. Per definizione, negli Stati democratici, le norme restrittive necessitano di un alto tasso di consenso, senza il quale gli effetti rischiano di essere vanificati. In questo caso, però, un esito del genere sarebbe davvero esiziale: se tra due settimane la curva non sarà stata quanto meno arrestata, riportarla sotto controllo diventerà impossibile.

L’IRRITAZIONE del Colle non si appunta certo sulla disperazione comprensibile delle categorie colpite, ma sulle strategie politiche e mediatiche che mirano a potenziare e cavalcare quel disagio. L’offensiva dell’opposizione è violenta ma anche prevedibile, tanto più dopo che il governo ha fatto il possibile per stroncare sul nascere ogni conato di possibile dialogo, non accogliendo in oltre 7 mesi neppure un emendamento. Il problema non sono tanto il Salvini che accusa il governo di «chiudere luoghi sicuri per poi far ammassare la gente nella metro» o la Meloni che promette di battersi «nelle piazze e in parlamento contro i decreti illogici e dannosi». Il problema è che attacchi simili arrivano anche dalle file della maggioranza e del governo. La ministra Bellanova, dopo averle approvate domenica, fa sapere di avere forti dubbi sulle nuove regole. Poi arriva Renzi e cannoneggia: «Chiederemo al premier di cambiare il Dpcm. Chiudere i luoghi di cultura e di sport è un errore. La chiusura dei ristoranti alle 18 è tecnicamente inspiegabile, sembra priva di ogni base scientifica».

È UN AFFONDO CHE MINA la credibilità di una maggioranza già impegnata in raffiche di accuse reciproche. I 5S hanno anche loro dubbi in quantità sul Dpcm. Il viceministro della Sanità Sileri li ammette, il Movimento nel complesso li traduce in una carica contro la ministra dei Trasporti del Pd, «costretti a nuove restrizioni per via di settori dove si è lavorato poco, anche se la ministra De Micheli minimizza», e contro Speranza, LeU: «È il ministro della Salute che avrebbe dovuto vigilare sulle Regioni». Le quali Regioni, a loro volta, non hanno mai fatto mistero del loro scarso consenso per chiusure che ritengono esagerate ed esiziali per intere categorie in ginocchio.

SI CAPISCONO DUNQUE l’ira e la preoccupazione di Mattarella. In un quadro simile è alto il rischio che la strategia di Conte manchi i suoi obiettivi, frenare il contagio e recuperare la fiducia dei cittadini oggi incrinata o peggio. Molto, se non tutto, dipenderà dal capitolo ristori. Conte e Gualtieri lo sanno e puntano proprio sul sostegno economico alle categorie colpite. Il decreto sarà varato oggi, riguarderà sia i ristori che le casse integrazione, per un totale di 5-6 miliardi. Gli indennizzi per le categorie colpite verranno erogati direttamente sui conti correnti dall’Agenzia per le entrate, la via più celere, entro l’11 novembre. Per le imprese con fatturato oltre i 5 milioni, escluse dal dl Rilancio, ci vorrà qualche settimana in più. Tra le circa 350mila imprese colpite dal dl dovrebbe essere stanziato un fondo tra gli 1,2 e gli 1,8 miliardi. L’importo non è ancora definito, ma sarà diverso per chi è costretto alla chiusura totale e chi resterà aperto sino alle 18. Ancora incerto se la proroga delle casse integrazione sarà di 6 settimane, per una spesa di 1,6 miliardi, o di 10, costo 2,7 miliardi. Conte si augura che l’indennizzo serva a frenare il dissenso sociale. Una scommessa difficile e fondamentale quanto quella di fermare la curva dei contagi in due settimane.