I missili piovuti sulla Siria hanno smosso appena le acque stagnanti della crisi politica italiana ma senza accelerare le cose. La tensione internazionale viene usata per posizionarsi e per regolare qualche conto. Peserà probabilmente sulle scelte del Colle, avendo evidenziato la necessità di tener conto degli umori oltre confine. Però nulla più di questo. Sia Berlusconi che Salvini insistono per fare presto, ma è tutt’al più un pio desiderio. Nei fatti non si è smosso niente e anche l’ipotesi di un incontro tra il leader della Lega e quello dei 5S oggi a Verona, dove si troveranno entrambi per l’inaugurazione di Vinitaly è stata smentita da M5S.

IERI MATTINA, POCHE ORE dopo l’attacco, si era diffusa la voce di una ulteriore accelerazione decisa da Mattarella. Non è così. L’agenda e la strategia restano quelle decise dopo il disastroso secondo giro di consultazioni. Il capo dello Stato aspetterà mercoledì mattina, o forse anticiperà ma solo di pochissimo la sua mossa. Potrebbe dare l’incarico, comunque con mandato limitato, già martedì sera. I nomi in ballo non sono cambiati in seguito ai missili. Due leader politici: Salvini e Di Maio. Due rappresentanti delle istituzioni: i presidenti Casellati e Fico. Se la scelta cadrà su uno dei due sedicenti “vincitori” delle elezioni, per il prescelto sarà non un premio ma una punizione. Chiunque sia, dovrà alla fine ammettere di non avere affatto vinto, di non essere in grado di coagulare una maggioranza.

SE IL PRESIDENTE DECIDERÀ di “pre-incaricare” un politico si tratterà probabilmente di Salvini. Non solo perché conta comunque su un consenso più ampio in Parlamento ma anche perché, pur se mai e poi mai il Quirinale lo ammetterebbe, oggi a essere visto come “l’uomo nero”, la minaccia, è più lui che non Luigi Di Maio. Che a Bruxelles il leghista sia quanto di più temuto per la guida dell’Italia era già noto. Le reazioni di fronte alla crisi in Medio Oriente hanno completato l’opera. La prima reazione di Salvini è stata durissima: «Qualcuno col grilletto facile insiste con i missili intelligenti. Pazzesco, fermatevi».

Di Maio è stato molto più rassicurante: «Restiamo al fianco dei nostri alleati. Credo che la Ue debba farsi vedere compatta e unita». Musica per le orecchie di Mattarella che proprio dichiarazioni di questo genere, senza i distinguo di Salvini, si augurava dopo aver esternato le proprie preoccupazioni nelle ultime consultazioni.

SE DI MAIO USA LA CRISI per fare un ulteriore passo avanti sulla strada della propria assoluta legittimazione istituzionale, Berlusconi la adopera per tirare le orecchie all’alleato del Carroccio: «In queste situazioni è meglio non pensare e non dire nulla». Mica si ferma qui il Berlusconi tornato showman a tutto campo. In Molise spiega agli elettori che se in quelle elezioni la Lega prenderà più voti di Fi sarà l’apocalisse: Salvini ne uscirà rafforzato anche sul piano nazionale e i mercati reagiranno con allarme rosso fiamma. Toni esagerati anche considerando che si tratta di campagna elettorale. Del resto l’offensiva era iniziata con la brutale cacciata dei “populisti” da Mediaset, con la chiusura dei programmi di Belpietro, Del Debbio e Giordano, tutti accusati di tirare acqua al mulino del poco amato alleato.

IL QUALE, PERALTRO, risponde per le rime: «Non capisco Di Battista e non capisco Berlusconi. Si mettono sullo stesso piano. Smettetela con gli insulti, i veti, le ripicche». Gli stracci, insomma, volano eccome. Ma non al punto da spezzare la coalizione in tempo per evitare che Mattarella prenda in mano la situazione.

Se il presidente opterà per uno dei due presidenti delle Camere, preferendo non inimicarsi troppo Salvini con una scelta che suonerebbe ostile, si tratterà quasi certamente di Elisabetta Casellati, la presidente del Senato che ieri si è già detta pronta. L’omologo di Montecitorio, Roberto Fico, sarà probabilmente messo in campo dopo l’”esplorazione”, quando si tratterà di indicare un nome per il governo del presidente.

SARÀ IL MOMENTO PIÙ delicato della crisi. Mattarella sa di poter contare sul Pd e su Fi, ma sa anche che Salvini invece potrebbe mettersi di traverso come ha promesso di fare ieri: «Qualcuno, come Pd e Fi, sogna di fare governoni con tutti. Mi rifiuto di pensare a un governo che coinvolga il Pd». Senza la Lega, anche Di Maio, nonostante vesta ogni secondo di più i panni del “responsabile”, potrebbe negare il sostegno. Se l’incaricato fosse il compagno di Movimento Fico gli sarebbe molto difficile.