La Legion d’onore ad al-Sisi e la forte polemica che ne è seguita a livello europeo, con le restituzioni della decorazione da parte di molti italiani che l’avevano ricevuta (nei suoi diversi gradi), ha avuto l’effetto di riportare in primo piano nell’opinione pubblica la questione del legame tra violazioni dei diritti umani in Egitto e le vendite di armi al Cairo da parte dei principali paesi europei, Francia in testa, ma non solo (anche Italia, Germania, Gran Bretagna).

Inoltre, per una coincidenza del calendario, oggi il Parlamento europeo dibatte e vota la quarta risoluzione in tre anni di emergenza sui diritti umani in Egitto, dove la tragedia di Giulio Regeni e la situazione di Patrick Zaki saranno al centro.

Leslie Piquemal è specialista di diritti umani al Cairo Institute for Human Rights Studies, a Bruxelles.

La Francia ha ricevuto con tutti gli onori il presidente egiziano al-Sisi, gli ha anche dato la Grande Croce della Legion d’onore, la più alta onorificenza. Questa realpolitik dipende dall’importanza delle vendite di armi, dalla geopolitica per l’alleanza anti-turca nel Mediterraneo orientale e in Libia e per la lotta al terrorismo islamico?

Per tutti questi motivi. Per quanto riguarda le vendite di armi, hanno registrato una crescita negli ultimi anni, cominciata prima di Macron, con Hollande e prima ancora con la cooperazione per la sicurezza e militare. Molti rapporti e le rivelazioni del gruppo di giornalisti di Disclose hanno messo in luce che le vendite di materiale riguardano anche tecnologie di sorveglianza, utilizzate nella repressione interna. Sono stati rivelati anche probabili crimini di guerra in Libia e nel Sinai da parte dell’Egitto con armi di origine europea e statunitense. Molti Stati europei (come gli Usa) avevano una cooperazione militare e navale con l’Egitto, pensavano che il regime di Mubarak fosse stabile. La rivoluzione li ha presi di sorpresa.

Dal 2011-2012, con la presenza di partiti islamici, alcuni Stati hanno preferito il campo militare, il deep state in Egitto. Una posizione presa con determinazione soprattutto dalla Francia. La Francia si è allineata sulla narrazione del regime che definisce tutti gli oppositori come terroristi. E questo dal 2013, data del colpo di stato, cioè prima dell’ondata di attentati in Francia dal 2015. In Libia, c’è una forte vicinanza tra Francia e Egitto. E il fatto che gli alleati della Francia – Egitto, Emirati – utilizzino in Libia armi francesi e che le violazioni dei diritti umani siano documentate non sembra disturbare Parigi. È la linea del ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian, che era ministro della Difesa con Hollande. Si sono aggiunte delle mire anti-turche nel Mediterraneo orientale, con una giustificazione politica. La Germania, la cui più grossa vendita sono dei sottomarini, si giustifica dicendo che non sono documentate violazioni dei diritti umani con dei sottomarini. L’Italia vende elicotteri.

La situazione dei diritti umani in Egitto è peggiorata rispetto al regime di Mubarak?

È più grave oggi. Non c’è settore che venga risparmiato. Pena di morte dopo processi ingiusti, di massa, con confessioni strappate sotto tortura. L’Onu ha documentato l’uso sistematico della tortura in Egitto, da parte del ministero degli Interni e della sicurezza nazionale, una sorta di polizia politica. Con il nuovo ministro degli Interni, dal 2015, si è registrato un forte aumento degli scomparsi. Con Mubarak erano di meno, erano persone note come islamiste. Adesso riguarda un ampio spettro dei dissidenti. Non si conosce il numero esatto dei prigionieri politici, ma si parla di decine di migliaia, forse 60mila. C’è un grande numero di scomparsi, di cui a volte si hanno notizie da altri detenuti. Ci sono carceri segrete in Egitto, gestite dai militari e dalla sicurezza nazionale. Del resto, anche nelle carceri «normali» viene impedito l’accesso alla Croce o alla Mezzaluna rossa. Dal 2014-15 sono state costruite molte nuove prigioni e sono tutte piene.

L’Europa ha appena adottato il Global Human Rights sanction regime. La Francia l’ha votato?

Sì, è passato all’unanimità, la Francia è d’accordo che il sistema esista. Ma solo gli Stati membri possono proporre sanzioni. Anche l’Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell può fare proposte, ma il Parlamento europeo no.

Giovedì c’è una risoluzione del Parlamento europeo.

L’Europarlamento ha una posizione differente dalle altre istituzioni europee. È la quarta risoluzione in tre anni sulla violazione dei diritti umani in Egitto, che riguarda anche il caso Regeni. Si tratta di un messaggio politico, che non ha però potere vincolante, non è un testo legislativo. Ma la Commissione dovrà rispondere.

Ci sarà un appello contro le vendite di armi all’Egitto?

Nel recente passato alcuni eurodeputati francesi del gruppo Renew hanno presentato in un emendamento al testo il riferimento alle vendite di armi, mentre hanno accettato la condanna del trasferimento di tecnologia di sorveglianza.